giovedì 14 maggio 2009

Polvere

L'altro pomeriggio sono andata a farmi una passeggiata sull'argine con la Mama, a cercare erbette ed asparagi selvatici (trovati tanti e boni, e mangiati con le uova sode alla sera, è fantastico mangiare qualcosa che fino a due ore prima stava a dormire nella terra. Che soddisfazione).
C'era un sole caldo e l'aria caliginosa in lontananza piegava i profili dei pioppi, ma l'occhio seguiva calmo la curva lenta del cielo fin dove cominciava a sprofondare di nuovo nella terra grassa e fresca di aratro.
La Mama camminava con l'usuale energia, io arrancavo disidratata e già con una punta di fame (mi stavo godendo il Giro d'Italia in poltrona, sonnecchiando, quando lei mi ha detto, si va a fare una passeggiata, e io, ma Mama! voglio vedere i ciclisti!, e invece mi sono attaccata al tram, e sono andata con lei. Come al solito.
La Mama cercava gli asparagi e con l'occhio di lince che ha ne trovava, io non ne avrei visto uno manco se era grande come una sequoia. Ma è indulgente perché sa che noi di città siamo strafanti relativamente utili.
Siamo arrivate fino al confine della fattoria vecchia, allo spiazzo dove tanti anni prima, mi diceva lei, c'era una casetta e ci vivevano in tanti, e adesso non si vedono più neanche le fondamenta, coperte dalla polvere e dai rovi. Mi fa, in questo punto si sono annegati in due, il canale era profondo, una donna si è sporta per lavare i panni e l'hanno ripescata tempo dopo. E poi c'è stato il bambino degli zingari, quelli del campo abusivo, una famiglia che non voleva nessuno nemmeno tra i rom, e che sono vissuti tra le lamiere per un paio d'anni, nell'indifferenza del Comune. Il bambino era piccolo, tre anni, ed è caduto di mattina quando i genitori erano in giro, accudito malamente da bambini poco più grandi di lui. Dopo la disgrazia sono andati via tutti, non restano mai in un posto se è morto qualcuno. Si trovano ancora, scavando, teste di bambole con gli occhietti fissi, stracci colorati, pentole rugginose.
Il posto riesce ad essere spettrale anche col sole, nella brezza maggiolina che ti asciuga la fronte. Sarà la strada polverosa, vuota, che si perde in lontananza, sarà il silenzio, niente alberi attorno, solo un cespuglio di sambuco, solitario e ombroso.
Qua, mi dice la Mama, i pastori hanno tosato le pecore l'ultima volta, prima di rimettersi in viaggio. Erano tantissime, tutte bianche lungo i pendii dell'argine, si sono mangiate tutto, ognuna con gli agnellini attaccati. Gli hanno tolto la lana con cattiveria, li ho visti io, povere bestie, mezze scorticate. Dicono che la lana non vale niente, non gliela pagano niente, e che tengono le bestie solo per la carne. Così hanno ammucchiato tutta quella gran matassa bianca e le hanno dato fuoco, io e tuo padre sentivamo un odore strano, e abbiamo visto il fumo nero e denso. L'hanno bruciata tutta, per non portarsela dietro. Che spreco.
E infatti mi chino, e vedo che non è andata bruciata tutta, in una specie di cratere lasciato dalle fiamme ci sono ancora ciuffi spumosi, lavati dalle piogge forti dell'altro mese. Raccolgo un pezzetto soffice di lana grigiogiallina, c'è anche un ricciolino ritorto e scuro, non punge né pizzica mettendomela nell'incavo del braccio, nella parte tenera e sensibile di pelle. Profuma di erba, di pulito, di aperto.
Me la metto in tasca e la porto via.
Tornando, restiamo zitte per un po'.
E poi lei mi ha fatto ridere di nuovo, facendo la scemotta.

4 commenti:

Gillipixel ha detto...

uno dei tuoi scritti più bellissimi :-) e me ne frego se ho contro la grammatica nel dirlo...stupendo e anche commovente e anche divertente, e anche che fa pensare!!!
strafanti è un neologismo impagabile :-)

Unknown ha detto...

la prima parte l'ho bevuta...che belle descrizioni...la seconda è tristissima...mannaggia proprio questo post dovevo commentare!!! Bacioni, passerò appena sarò più libera...saluta il tuo coinquilino.baci.

Vanessa Valentine ha detto...

Gilli, che dire, il tuo entusiasmo mi compiace oltremodo e giustifico tutta la grammatica alternativa che vuoi! :)))))))
La Mama è grande fonte di ispirazione.
Strafanti, ohimè, non è mio ma trattasi di parola che in dialetto veneto designa un oggetto inutile...però concordo, è una bella parola!

Vanessa Valentine ha detto...

Mammina (cara, come Joan Crawford) vieni pure quando vuoi, e grazie per il tuo prezioso commento (non lo volevo fare triste, ma tutto quel silenzio mi ha fatto deviare...è un bel posto ventoso e calmo, proprio zen!
Sbaciott e a prestissimo!