giovedì 4 novembre 2010

Scirocco

Diciamo che non è stato un Ognissanti positivo.
Il cielo di novembre che ormai da decenni a braccetto con lo scirocco capriccioso fa quello che gli pare sommergendo a casaccio qualche zona sventurata, stavolta ha toccato l'ubertoso Veneto, facendo sfracelli a Vicenza, Verona, Treviso e Padova. I fiumi erano immensi, fangosi, prepotenti. Gli alberi che vivacchiano sulle rive, di solito placide e popolate da pescatori e fidanzati, mostravano solo uno spaurito ciuffetto di foglie zuppe, con un salto di un paio di metri l'acqua poteva agevolmente raggiungere la strada, e portarsi via le case che stanno sotto l'argine. A molti l'acqua ha portato via i campi, i vigneti, gli allevamenti (molti animali purtroppo sono annegati, tante fattorie sono ancora immerse nell'acqua, in città i soliti magazzini con un metro di fango dentro, danni e tanti per tutti).
Ci vorrà tempo per metterci una pezza, intanto la gente si dà una mano e si rimbocca le maniche, a onor del vero caratteristica della zona, non si sta tanto a guardare di che bandiera uno è ma lo si aiuta.
Non sono mancate le critiche alla gestione della Protezione Civile, nessuno è stato in grado di prevedere la botta di acqua che è arrivata tutta in un colpo (del resto si chiamano calamità, altrimenti sarebbero rotture-di-scatole-che-però-avevamo-previsto), e tanti, secondo me, hanno anche capito che non esiste una regione che può far per sé e gli altri si arrangino, che le disgrazie non guardano in faccia nessuno e ti stendono senza tanti complimenti, tu sia del nord, del centro o del sud. Semmai, che il territorio va messo a posto ma con politiche ragionevoli, rispettose dell'ambiente e delle persone, che non si può cementare tutto o costruire milioni di case e lasciarle vuote, o lasciar marcire sfitte quelle che già ci sono.
Mmmm..mi sembra di averli già sentiti questi discorsi, da qualche parte...
Ad ogni modo, l'acqua si ritira, molto lentamente, anche se le previsioni non sono buone, per il fine settimana.
Cambiando argomento (anche perché lo spirito di questo blog tenta sempre di essere leggero, anche se di questi tempi provarci è già un'impresa) e parlando delle mie fesserie personali, per Halloween è capitato l'invito alla festa danzereccia - nessuno in maschera a parte Vittorio in una sofferta versione de Il Corvo - in una nottata veramente valpurghesca. Domenica, infatti, pioveva già di gusto, il pomeriggio trascolorava tranquillo fra tè, dipintura di pareti e la mia zucchetta di Halloween con dentro la candelina che fiammeggiava sul davanzale, mentre un vento caldo e satanico tentava di spegnerla. Grande atmosfera.
Riusciti sul tardi, e non si sa come, a sollevare i nostri deretani dal divano e a tirarci fighi il minimo sindacale per andare tra la gente e fare società, siamo arrivati sui colli sotto un cielo tempestoso (serata perfetta per il remake del Rocky Horror Picture Show, sarei stata una Janet da urlo), portati alla festa da un efficiente servizio navetta che riusciva a superare i sentieri fangosi e ripidi (per non saper né leggere né scrivere mi son portata scarpe di ricambio, giacca a vento e torcia, più che per una festa sembravo pronta per un trekking sull'Himalaia), e una volta lì era tutto ovviamente bello e divertente e l'atmosfera calda e amichevole, ho ballato un fracco (Bad Romance è una canzone veramente orrenda, anche se devo ammettere che ha un fascino decadente, e Lady Gaga è suonata come un bongo), inclusi dei lenti nei quali ho mostrato la mia sinuosità da frigo Indesit, pestando i calli dei miei cavalieri, temo. Riesco meglio nei balli da single, quando alzo le braccia al cielo e ululo, oscillando (l'effetto è impressionante). Si aggiunga che avevo i tacchi e col mio metro e ottantatrè ridimensionavo molti dei maschi presenti (avevo su gli scarponcini nuovi di camoscetto, non ho resistito a metterli, piova o no).
E non so perché, ma io alle feste non bevo mai. Non perché sia il tipo che fa le crociate contro i doni di Bacco, per carità. E' che, semplicemente, mi sblocco benone anche senza aiuti vari, sono sciolta e rilassata e ciacolo che è un piacere, ballare mi fa stare bene e sto bene in mezzo agli altri (se poi loro hanno fatto il pieno, questo non lo so dire). Perché uno dovrebbe essere teso ad una festa? Non è un plotone d'esecuzione, gli uomini son lì per un motivo che per una fortuita coincidenza è lo stesso delle donne, anche se queste devono fare un minimo finta che il tutto non sia poi così importante, come se fossero capitate lì per caso e non avessero in mente di fare robe anche loro, chissà poi gli uomini che pensano. Ragazze, credetemi: per quelle ventiquattr'ore di permanenza nei loro neuroni, non so se valga la pena stare lì a farsi tante pare. (Lo so, lo so, ci sono uomini splendidi e poetici e dolci in giro, e io ne conosco tanti. Sono soprattutto quelli che le donne non guardano, troppo concentrate a farsi prendere a calci nei loro sederini palestrati dai presunti maschi alfa di turno). Chiamiamolo karma.
E le donne che ballano tra di loro...non lo so, mi vengono sempre in mente le sagre di Telecittà, con la gente ripresa mentre balla e saluta, girano in tondo e le ragazze si tengono avvinte in un valzer...oddio, avrebbe senso se ti piacciono le donne, giustissimo. Ma se ti interessano i maschietti, agguantane uno e balla il valzer con lui, non può essere più deprimente di così. O, alla peggio, saltella da sola. Prima o poi uno curioso si avvicina, e zacchete. Tipo la pianta carnivora che si mangia gli insettini.
Andiamo via dalla festa e il cielo è ancora turbinoso, folle e cattivo come all'arrivo, fa caldo, troppo, lo scirocco innervosisce ed eccita gli spiriti, è un vento che da un lato mi spaventa e dall'altro mi piace. E' un vento simile all'amore, ti trova sempre e comunque, e sempre ti fa bollire e sobbollire, a suo piacimento. E poi, ovviamente, se ne va.
E' la notte degli spiriti che vagano sulla terra, che camminano sul pelo dell'acqua, leggeri come mosche, mentre si insinuano nei sogni della gente, nelle loro illusioni. Continuando a gonfiarle, a nutrirle, a inondarle.
Finalmente sono andata a letto, alle tre.
Ho letto Washington Irving e la sua leggenda del cavaliere senza testa, e mi sono sentita meglio.
Al sicuro, nel mio letto.
Forse.

2 commenti:

Gillipixel ha detto...

Anche qui devo dire una cosa simile a quella riguardante la nebbia, Vale, anche se stavolta meno serena...da uomo di terre di nebbie, mi sono altrettanto familiari i patemi e le paure legate al pericolo delle alluvioni...
Ci si sente davvero impotenti di fronte alla furia dell'acqua, quando ti capita di averla anche solo poco lontano da casa...tutta la nostra sicumera di ometti moderni e onnipontenti, tutti Iphonati, Internettati e facebookati, crolla come un castello di sabbia...
Ci si ritrova in balia di elementi che si credevano ormai sotto controllo...
Ovviamente si spera che cose del genere non succedano mai, ma il meglio dell'animo della gente della mia terra l'ho sempre visto uscir fuori in occasione di simili eventi...

Per non parlare poi del capitolo dell'incuria del territorio e del mancato rispetto delle regole di rispetto nei confronti delle entità naturali...ma qui è meglio lasciar perdere, perchè ci sarebbe da scrivere per tre ore e da incazzarsi altrettanto...

Bacini solidali e di pronta ripresa dello spirito della tua bella terra :-)

Vanessa Valentine ha detto...

Grazie, Gilli, le tue belle parole ci fanno un gran bene allo spirito e al morale.
I veneti ce la faranno, e anche meglio, specialmente se si ricorderanno di essere soprattutto italiani.:)))