lunedì 26 novembre 2012

Intervallo

E così domani forse si saprà qualcosa del Concorsone, specialmente dove si andrà a farlo e forse usciranno anche i quizzetti fantascientifici che ci propineranno (tanto per farsi un'idea prima, di che morte dobbiamo morire). Undicimila posti, trecentoventimila e rotti a provarci. Le carrette della speranza erano meno affollate.
Ho più probabilità di essere pestata da un T-Rex o di vincere un Turista per Sempre.
Poi, le cose si tentano, chi non prova ha perso già, come canta Gazzè.
E così giù con i sillogismi (ehm, ho già accennato al mio emisfero destro predominante, ridanciano, sognatore e illogico? No?, beh, comanda lui, vi lascio immaginare la perizia nel risolvere gli indovinelli. Si sente la musichetta e poi la scritta sotto "Intervallo", con le foto in bianco e nero dei Sassi di Matera o del Duomo di Orvieto).
Non ne vengo a capo. 
A parte le parole da indovinare, sinonimi e contrari, e lì me la cavo, sulle equazioni frano miseramente e le domande di informatica sono un salto nel buio.
Se dovessi darmi un voto, spassionato, sarebbe quattro.
Mah, non credo di essere fatta per il problem solving, che va tanto di moda. Anzi, lo trovo decisamente antipatico.
La gente che inventa questi quiz è la stessa che mi ha sbattuto sul naso, a suo tempo, i quiz per la patente...ci scommetto.
Riconosco la mano.
Lì mi infiocinavano perché confondevo le spie luminose (olio o qualcosa che comunque mancava o sobbolliva nel motore, che ne so), qua mi chiedono i problemi delle cinque porte e dietro a quale sta l'assassino (ma boh! perché questa domanda, perché mi odiate tanto?? che vi ho fatto?), e poi analisi del testo e vai su e giù con le freccette e non ci capisco niente uguale, la domanda ha sempre un trabocchettino che ti frega, quando sei sicura che sia quella giusta pigi il bottone della simulazione e gnaaa, rosso. Ma porc. Ma come, ero sicura, ci ho pure ragionato!
Vabbè, prendiamola per quello che è, un tentativo, un'incursione nel mondo della scuola com'è adesso, un'azienda.
Tante parole inglesi che fanno figo e muri scrostati, carta igienica che non c'è ma paroloni.
Avanti c'è posto, o voi che osate ancora sperare, i vostri soldi ci faranno senz'altro comodo, per tutti i corsi che vi propineremo.
Benvenuta, generazione liquida, senza soldi, senza figli, problem solving. 
Dovreste ringraziarci, tanti pensieri di meno.

6 commenti:

Visir ha detto...

E’ desolante il panorama del mondo del lavoro.

Per chi ne è fuori e cerca di entrarci, ma anche per chi ne è dentro e non riesce più ad uscirne.

Il giogo delle convenzioni, delle stesse identiche cose da ripetere tutti i giorni. I week end sempre più corti mentre i giorni di lavoro pare si allungano.
Se non ti ammazzano i trigliceridi lo farà sicuramente la routine.

Un supplizio di Sisifo per sbarcare il lunario, riempire il frigorifero e poi dopo una vita spesa negli affanni finire in una scatola di legno ed entrare nell'oblio.
Non c'è molto altro a parte le palle che ci raccontiamo per andare avanti.

Personalmente sono uno un professionista e ometto volutamente il "libero" che mi pare assai presuntuoso.

Alcune volte un mio cliente mi guarda con un sorrisino tirato e cercando di essere spiritoso mi dice quello che pensa: "Lei è bravo, però un po' caro".

Mia nonna sosteneva che tutto quello che è detto prima di "ma" e "però" non conta un cazzo nel discorso.
Eh si! Diceva proprio così.

Quindi rispondo, ma con diplomazia, sempre con la stessa frase "Non lo so, ma se chiede a tutti gli altri miei clienti le diranno che sono stati soldi ben spesi".

In verità vorrei invece dire: "I soldi per i soldi non mi interessano. Mi importa invece quello che i soldi dicono, cioè dicono che il mio lavoro è di valore. Non le chiedo di capirlo cioè conoscere il culo immane che mi sono fatto studiando, applicandomi e superando tutte le frustrazioni delle cose che non riuscivo a fare sino a padroneggiarle. Non le chiedo di odorare le tonnellate di merda che ho dovuto ingurgitare per essere ciò che sono. Non le chiedo dunque di comprendere ma almeno di rispettare il mio lavoro".

Un discorso che non faccio per due ragioni.
La prima perchè sarei frainteso e la seconda perchè il riconoscimento degli altri non si può esigere.
E' un accidentale regalo delle circostanze.

Da molto ormai non sono più un bambino che aspetta la caramella, quando sa di aver fatto bene.

Gillipixel ha detto...

Cara Vale, quando ci si renderà conto che il modello di società americano, per dirla con le parole di un saggio, "...è una cagata pazzesca...", sarà sempre troppo tardi :-)

La dimensione quantitiva è riscontrabile, e quindi sembra un parametro funzionale, valido, intorno al quale incentrare la vita, perché si "auto-verifica": quando i "conti" tornano, sembra di aver risolto tutto...ma la qualità, come noi di animo felino ben sappiamo, è cosa molto più sottile e complessa da acquisire...

Come giustamente dice il sempre illuminato Visir, il valore è esperienza, è gradualità di tempo speso e dedicato, è passione guadagnata goccia di sudore per goccia di sudore...e questi qui credono, con quattro fregnacce sillogistiche, di aver capito tutto delle persone...bah...

Ad ogni modo, sempre in bocca al lupo: noi si tifa per te con calore :-)

Gillipixel ha detto...

Un'altra piccola cosa, Vale...avevo dato un'occhiata per curiosità ai quesiti...ora, io non ho figli, ma se mai ne avessi, piuttosto che mandarli a scuola da un insegnante che ha risposto tutto esattamente a 'sti sillogismi, preferirei affidarlo alle cure pedagogiche di Johnny Rotten :-)

Vanessa Valentine ha detto...

Caro Visir, il mondo del lavoro è questo (anche).
Mi sono sciroppata valanghe di persone che conoscevano quattro acche in croce e facevano i capi tracotanti perché non volevano ammettere di essere dei falliti ben riusciti...in alcuni casi ho tenuto duro, in altri momenti ho riso e infilato la porta.
E' sempre giusto farsi pagare se si fa bene un lavoro e ci si è sbattuti un sacco per arrivare a buoni livelli. Dillo alle donne.
Un cliente che dice una cosa stupida è un fesso che purtroppo va sopportato, in compenso lo puoi danneggiare leggermente col sorriso sulle labbra...:)))
Poi, la gente quando deve tirare fuori i denari rogna sempre, si sa.
Come direbbe il papero Ferdinand, il mondo fa schifo e io me ne vado! (si potesse...)

Vanessa Valentine ha detto...

Grazie, Gilli, il vostro tifo mi sosterrà, quando affronterò i quizzetti, terrò duro e stringerò i denti, e vi penserò.:))))))
E' vero, ormai contagiati dall'efficientismo americano, pur non avendone i mezzi, ci si trova davanti questa gente che propina domande alle quali con discrete probabilità non saprebbe rispondere se non avvalendosi di manuali atti alla bisogna (e infatti se li portano anche in bagno, magari, hai visto mai che ti salta fuori un precario incazzoso dalla cesta dei panni sporchi e ti spara le domande. Che figuuuuura). :)))))))
Che ci vuoi fare, questa è la zuppa, tocca buttar giù.
E' il precariato, bellezza!:)))))
Mi sa che Rotten ha capito tutto, Gilli...meglio essere iconoclasti fino in fondo, ti diverti e ci fai pure i soldi!
Io mi metto a scrivere le nuove Sfumature, sai? Parla di certe cosette...e fai il botto! Tipo: cinquanta sfumature di Bagigia, chessò.(in effetti, le sfumature di grigio lei ce le ha tutte...eheh).:))))))))

Visir ha detto...

"Nessuno è senza sofferenza, fintanto che nuota nel fiume caotico della vita… Io seguo la mia strada e porto il mio fardello meglio che posso… Nella mia vita non ci sono difficoltà che non siano rappresentate completamente da me stesso.
Nessuno deve portarmi fintanto che sono in grado di camminare con le mie gambe”.
Carl Gustav Jung