martedì 19 marzo 2013

Nuvole



In poesia si fa spesso il paragone tra persone e nuvole. Anche nelle canzoni, stessa cosa. Chissà cosa ci spinge ad accomunarci a sbuffi volatili, con tutto il bagaglio di chili e problemi che ci portiamo dietro. Forse il nostro desiderio di libertà, il desiderio di essere mutevoli e senza peso, pronti a volare via pur di non affrontare i dilemmi di ogni giorno che il Signore manda in terra.
In un venerdì sera ancora più invernale che primaverile riusciamo finalmente  a vedere "Il lato positivo", titolo che come al solito è potabile  e palatabile, salta Milton a piè pari ma ci diverte e commuove lo stesso, i titoli sono solo titoli, noi leggiamo tra le righe, gli altri facciano quel che vogliono.
Esiste un lato positivo nelle cose per un prof in aspettativa, con il disturbo bipolare della personalità, convinto di aver menato l'amante della moglie e desideroso di riconquistare la vita perduta? Dopo otto mesi di farmaci e compagnia matta alquanto tutti noi, lecitamente, sbarelleremmo o almeno tenteremmo di tornare sui binari. Bradley Cooper, bellissimo con i suoi lacustri occhi scintillanti e scolpito alla foggia di un bel dio è un fragile figlio incastrato in famiglia problematica e tarata, pare: padre (De Niro) ossessivo-compulsivo, madre accondiscendente. Contro il dna ragion non vale. La moglie fedifraga vanta una restrizione del giudice, così lui può solo tentare mezzucci per riconquistare il nido domestico, fallendo: la canzone di un tenero Stevie Wonder, da lui sentita mentre scopre gli amanti sotto la doccia, ha ancora il potere di fargli distruggere lo studio del dottore che lo cura, un serafico Doc Patel. 
Pat, ovvero Bradley, sente anche le voci (povera Virginia Woolf, ci fossero stati questi farmaci  al tuo tempo, quante "Gite al Faro" ci avresti donato?) e come spesso succede con i disturbi mentali, cosa è vero e cosa non lo è, dal momento che il cervello è il nostro unico nocchiero, unico regista?
Pat sbanda clamorosamente, sveglia i genitori nel cuore della notte, poveri vecchi, vuole rivedere il filmino del matrimonio, non trova la cassetta. Mena la madre, per sbaglio, mena il padre. E' ingovernabile. Ha un poliziotto custode a forma di armadio che non salva e protegge, si limita a fare da babysitter.
La situazione è esplosiva quando si palesa la Seconda Grande Incasinata, Tiffany, sorella della perfettina moglie del miglior amico, povera Tif, vedova recente di un poliziotto, forse un po' stanca del menage matrimoniale, cecchinata dalla vedovanza al punto da sprofondare in una sex-a-holic condizione, struffolandosi tutto l'ufficio, colleghe comprese. Al punto da perdere il lavoro, quando diventa tropo rognosa. Solo il ballo la salva e la prospettiva di una gara per la quale le serve un partner ed eccolo là, Pat bello, divino ed incasinato come non mai, eppure l'unico che possa salvarla. Lei farà da loseyano messaggero d'amore in cambio della di lui dedizione a Tersicore. Sarà dura.
Jennifer Lawrence paffutella da grasso infantile ma sexy, come sono rincuorati i maschi portati al cinema, meno male che mi lustro l'occhio anch'io, pensano.
La trama rotola...ma dai, lo sapete già il finale, è buono, così mi tolgo il pensiero. E' un film per cuori teneri e alla panna, come il mio.
Non me ne frega niente dei dettagli se non sono strani, lo sapete.
Come li costruiscono bene i film, gli americani. Sappiamo che i due si odieranno, si piaceranno, litigheranno e noi ci staremo male perché li vedevamo già insieme ed erano perfetti e poi, paf!, loro saranno lì a ballare e noi piangeremo perché lo sappiamo fare così bene, da sempre. E il loro amore salverà loro e salverà noi perché, in definitiva, vogliamo sentire sempre la stessa storia, ascoltare la stessa canzone, veder passare la stessa nuvola.
Sono come noi, questi due: kidadult precari in una società di genitori senza lavoro, allibratori e nevrotici, vivono da adolescenti in soffitte e garage della casa paterna, fallito il patriarcato e fallito anche il regno dei figli, separati e vedovi, morto e sepolto anche l'onnipresente e finto salvifico matrimonio, in questo film tutti tentano di salvare qualcosa, senza successo. I perdenti sono gli unici salvatori. Proprio perché sanno di non avere un'unghia di speranza, ci provano lo stesso. Una gara di ballo da dilettanti, con un punteggio irrisorio, sola, li redimerà. E' la vita, fatta per nuvole distratte più che per divinità tracotanti. Finita l'era degli eroi, ora tocca a chi sa galleggiare.
Chi può dirlo, la felicità sta nel cambio di rotta, in quella persona matta e difficile come te che ti è finita come una scheggia di vetro nel piede, mentre camminavi sulla spiaggia. Benedetta scheggia, senza di te che cosa misera sarebbe stata, la mia vita.

2 commenti:

Gillipixel ha detto...

Leggendo sempre con grande gusto le tue deliziose righe, cara Vale, mi è venuto da pensare ad una mesta considerazione che già mi colse quando scrivesti di altri contesti filmici vari a stelle e strisce...e la cosa è questa: la tristezza evocata da questa società americana, così fasulla e vacua, da sfornare una marea di esseri infelici...ci tengo a precisare: non intendo addossare ad un modello di società tutte le colpe immaginabili...l'infelicità e l'uomo sono fatti della stessa pasta, a quanto pare, da che mondo è mondo...ma questo modello storico americano in particolare, diciamo dagli anni '80 in poi, soprattutto da quando si sono incancreniti in esso il liberismo più esasperato ed il reganiano più becero immaginabile, a me pare che stia tirando a fondo un po' tutto il mondo...ma come forse ho già detto in altre occasioni, un'aspetto positivo nella cosa lo si può vedere nel fatto che lo stesso corpo ammalato, contiene i suoi antidoti...mi riferisco alla buona parte di america "critica", che pure esiste, e che magari è in qualche modo celata anche sotto queste forme di espressione artistica...chi lo sa...

Di certo rimane che scrivi da grande scrittrice: di questo sì, sono certo :-)

Vanessa Valentine ha detto...

Dai, Gilli, mi fai diventare di tutti i colori!:))))))
Le parole mi vengono fuori così, da sole, troppo entusiaste e sconnesse, come i bambini all'ora di ricreazione...:) semmai ho il problema opposto, metterle in riga, eheh...
Il film, comunque, veditelo, non è male per niente. Leggendo il già citato "Quiet" sui timidi e sull'ostracismo che subiscono nella cultura americana, pure a me vien da dire, Dio ti ringrazio di avermi fatta nascere italiana, cazzara, fantasiosa e tutto sommato menefreghista. Se avessi avuto la smania vincente che vitaccia mi sarei sciroppata...gli americani son fatti così, arrembanti e ottimisti alle soglie del fastidio. Per fortuna pare, dico pare, stiano tirando i remi in barca anche loro. Certo, non tutti e non subito, è impossibile. La fissa di odiare gli strambi e i non allineati probabilmente se la terranno nel dna per sempre, è già consolante che in tanti vadano a vedersi pellicole con drop out mentali che ci conquistano proprio perché affermano di avere una prospettiva che ai normali sfugge.
Dimmi tu se è poco.:)))))
Un po' alla volta perderanno lo spirito del piazzista e diventeranno dei ciabattoni rilassati come noi, vedrai...:))))