lunedì 11 novembre 2013

La droga è per la gente priva di fantasia

Forse tutto è cominciato quella volta alle medie quando la professoressa di lettere, una donnina dolce dolce e con gli occhi acquosi e i gilettini fatti all'uncinetto, ci assegnò il cartellone da preparare tutto a mano sulle droghe e i loro effetti. Con il "ci" intendo noi, il gruppetto di secchioni della Seconda H, personalità tutte eterogenee e disturbate in qualche maniera. Io personalmente vantavo la prima posizione in italiano, c'era poi Orsini che slecchinava alla grande ma in matematica andava bene, la Sabrina che con il tempo si trasformò nel mio personale Doctor Octopus, la Pannocchi che, ora comprendo, era una zappa ma diligentissima e Castoldi che era già una cacchina a tredici anni e aveva ancora discreti margini di miglioramento nel carniere.
I cartelloni 70x100 andavano forte nelle medie degli anni '80 e permettevano di strutturare le ricerche (tutte fatte a mano con disegni originali di nostro pugno, foto, collage e fotocopie) come ora, nell'era internettiana del copia incolla e scarica, non si fa più. Ricordo nottate passate a colorare lucidi dell'Europa, mettendo le montagne e il marrone un po' a caso, specie verso le quattro della mattina, quando la posizione degli Urali non mi sembrava più così determinante per un buon voto (che arrivava comunque, credo, perché la prof si commuoveva per la mia dedizione alla nobile arte del pastello e della lussazione del polso).
Comunque, dicevo del tabellone. Avremmo dovuto farlo noi cinque, tutti insieme, parlando delle droghe del periodo (relativamente poche, considerate tutte quelle che sono arrivate all'uscio nei trent'anni seguenti), del tipo, troviamoci a casa tua o mia, sulle tre, portiamo i biscotti, le mamme fanno le torte, per me aranciata, grazie, lavoriamo insieme. Fin qui, splendido e lodevole.
Peccato che il progetto del tabellone rimase sulla carta, letteralmente. Ci fu un fuggi fuggi e io mi ritrovai a fare il tabellone da sola. Può anche essere che io abbia avuto uno di quei miei momenti chiamati del "ghe pensi mi", o all'inglese "se vuoi un lavoro fatto bene te lo devi fare da solo".
Fatto sta che mi misi di buzzo buono e trovai in biblioteca tutto il materiale che mi serviva, informazioni sull'erba, sugli acidi, sull'eroina e la cocaina (queste mi ricordo). La descrizione degli effetti dell'acido sulla gente erano di un verismo impressionante per una tredicenne (ammetto di aver calcato un po' la mano sullo splatter). Avevo messo anche le fotine delle varie piante, le zone di coltivazione, foto di tossici sdentati, caratteri cubitali allarmistici come non se ne vedevano manco al Sert. Un lavoro di fino, insomma. Ne andavo davvero orgogliosa.
Ovviamente, quando gli altri quattro furbetti provarono a prendersi la loro fettina di merito, raccontai la mia versione. Timidina timidina ma con le palline che giravano. Mi sembrava il minimo.
Tutta la storia del tabellone (azzurro cupo, me lo ricordo benissimo, che bello che era, come spiccava sul muro) mi è tornata in mente per quelle strane maratonde che fa la memoria, specie quella dei quarant'anni...da poco ho finito di leggere "ZeroZeroZero" di Saviano, docusaggio sulla cocaina e la sua presenza nella nostra società. Come direbbe la Massironi, rabbrividisco.
Lo so che si tratta di un argomento così complesso, rognoso e pieno di implicazioni socioculturali, politiche, psicologiche e avanti col Cristo che il candelotto è lungo che, sinceramente, non si sente il bisogno dell'ennesima balenga che dice l'ennesima minchiata inutile. Ne sono consapevolissima.
Il libro è molto avvincente anche se duro e non consolatorio, anzi. Ti fa capire come di tabelloni al mondo, forse, ne servivano tanti, ma tanti di più.
A quanto pare (io me ne accorgo poco, vivendo a Poultryville ove la droga più diffusa è il Merlot, non che faccia benissimo ma a piccole dosi è un discreto consolatore) l'economia del mondo è mossa dall'oro bianco, dalla Bianca, dalla Neve. Una specie di religione. Con adepti sfaccettati e trasversali: studenti per studiare sodo, lavoratori per lavorare di più, amanti per amare meglio. Insomma, la coca è una potenziatrice di verbi.
Semplicemente, come faccio sempre, guardo.
Non mi drogo e sinceramente mi sembra già un traguardo discreto. Anche se mi sento un pochetto tagliata fuori da un club di proporzioni mondiali, diciamolo.
Più che altro vorrei sapere perché uno ha bisogno di drogarsi per andare a lavorare, o per studiare o per divertirsi. Quest'ultima, davvero, non la capisco. Se sei in un bel posto in mezzo ai tuoi amici perché dovresti sembrare un flipper che cortocircuita anziché una persona comunissima che ciacola con una birretta in mano e guarda le stelle? Ti sembra normale muoverti continuamente e spaventarmi con quegli occhi da matto? Perché non ti siedi qui un attimo, fai un bel respiro per rimettere insieme i pezzi e non parliamo di questa tua rogna esistenziale?
Probabilmente non capisco la frenesia di una società che ha bisogno di drogarsi per tenere il passo perché io il passo non l'ho mai tenuto. Mi sono sempre presa i miei tempi per fare le cose, cercando di farle bene. Tipo i tabelloni, ecco.
E poi uno o una non ne può più fare a meno, chiaro. Te la tirano dietro, del resto. A momenti costa di più il Vicks Vaporub.
Ma pensa solo alle schifezze che ci mettono dentro. Acido solforico, calce per estrarre il principio. E come la tagliano. Poi non ti puoi lagnare con nessuno, non è come comprare i pomodori biologici che se ci trovi il verme dentro ti lagni col contadino. Ma magari ci fossero dentro i vermi!, almeno sarebbe una roba naturale. E l'impatto ambientale. E tutti i morti che il traffico comporta. Le guerre, la gente squartata, gli animali squartati (usati come incolpevoli mezzi di trasporto).
Non so, la droga mi è sempre sembrata sporca. Di quello sporco fisico e morale, e il secondo è quello peggiore. Peggio, contaminata e contaminante, velenosa, deleteria, amianto dell'anima.
Non me ne piace nessuna. Non mi piacciono quelle rilassanti né quelle eccitanti, non mi piacciono quelle che mi fanno ballare tutta la notte (ma chi caspio ha bisogno di ballare tutta la notte? Ma ti sembra di avere le rotelle a posto? Quando hai sculettato un'oretta rilassati, ma vatti a fare una passeggiata con la morosa in spiaggia e vedrai se non ti diverti di più) e non mi piacciono quelle che mi inventano dei paradisi che nemmeno le religioni evocano così bene. Tesori, il paradiso sono i vostri neuroni e l'inferno anche, occhio al limbo in agguato, non è divertente vivere la vita in un mondo di nebbia.
Certo, è anche vero che l'essere umano è l'unico animale che sa di dover tirare le cuoia, prima o poi. E questa rete i sostenitori del paradiso facile me la portano a casa senza problemi.
Però, anche così, anche sapendo che tutto, pur bellissimo e intenso e pieno d'amore e intelligenza e intuizioni e felicità suprema deve finire, oggi, domani o più in là, beh, forse che non è meglio prendere tutto il bellissimo ed intenso e pieno d'amore e intelligenza e intuizioni e felicità suprema tra le mani e affondarci la faccia e mangiare a quattro palmenti finché è caldo, finché siamo vivi, finché sappiamo quel che facciamo?

2 commenti:

Gillipixel ha detto...

Che tenerezza, Vale, tutto il tuo lavorio sul tabellone :-) mi ha riportato ad atmosfere adolescenziali molto familiari, con quell'intrico di confuse note incantate dell'animo, e sentimenti di mestizia euforica proto-ormonale, tipici di quel periodo :-) Facesti bene a sbugiardare quei para-statali dei tuoi amici aurea-fava-facenti :-)

La droga è la questione delle questioni, lo specchio perfetto di questa epoca...la cosa più insensata di tutte, e non la capirò mai e poi mai, è che tantissima gente si droga per essere più efficiente (la coca non a caso è una delle sostanze più diffuse)...detto questo, c'è dentro tutto: non solo è una follia e un non-senso puro il puzzo di efficientismo disumano che si respira nell'aria all'ombra del buco dell'ozono, ma la gente è talmente stupida che invece di sottrarsi a questo delirio, ne vuole ancora di più...

Io non sopporto nemmeno il caffè, perché poi mi sembra di avere in corpo uno scassa-minchia che mi dà continuamente degli scrolloni per tenermi sveglio :-) figuriamoci...una volta ci scrissi sopra anche una robetta, e mi scuso se mi autocito :-)

http://andarperpensieri.blogspot.it/2010/07/decaffeinato-e-felice.html

In generale, aggiungerei che un po' tutta la vita si gioca su continui rapporti con le dipendenze...si può dipendere da ogni cosa, ogni pretesto può diventare vizio che si impossessa di noi, persino le cose in teoria più piacevoli al mondo: cibo, gioco, sesso, vino, anche la cultura, per dire...

Ci vuole saggezza, sempre...e credo anche sia importante essere "educati al vizio", anche se suona paradossale, come espressione...prima di tutto, vanno eliminati assolutamente i vizi che comportano un bilancio costo-benefici troppo sbilanciato verso la prima voce: la droga ti distrugge senza possibilità di scampo, e dunque non deve nemmeno essere considerata...

Ma anche per le cose più abbordabili, e all'apparenza innocue, va sempre tenuto in conto che nelle misure sbagliate, ti distruggono ugualmente...è sempre questione di ricerca di un equilibrio, che va sondato con saggezza, sensibilità, cura graduale, ascolto dei fenomeni, quell'equilibrio che, per dire, può fare la differenza fra un sommelier e uno squallido ubriacone...

Sempre un gran piacere leggere le tue cose, Vale :-)

Vanessa Valentine ha detto...

Grazie, Gilli! Il ricordo del tabellone é spuntato fuori come un funghetto dopo la pioggia, mentre inorridivo con la lettura del libro di Saviano.
In realtà sull'argomento ce ne sarebbe da scrivere una carretta, ma veniva fuori uno spiegone infinito e probabilmente io mi sarei schiantata di naso sulla tastiera prima di concludere...:)))))
Diciamo allora che preferisco avere i sensi tutti belli all'erta come un leprottino che zompa nell'erba (quella dei prati) e vuole evitare di finire sul menù del falchetto. Preferisco tenermi la mia dipendenza da torte, pasticcini et similia (una), o creme e profumi (due), o libri e quadri (tre), e potrei continuare, probabilmente. Sono vizi che non voglio perdere, chiaro, ci ho messo troppo a radicarli nella mia personcina. Qualche dose in più di schifezzine chimiche o calce o vermifugo per animali, temo, potrebbe alterare il delicato impasto sinaptico che di solito mi tiene così allegra e borbottante come una caffettiera sul fuoco.:))))))))) Ebbene sì, a me il caffè piace, e parecchiotto. E, ohibò, è la droga dei poveracci pure questa...ma ne basta uno dopo pranzo e io passo un bel pomeriggio sveglia e pimpacchiante.
Mi piace anche il profumo!
Penso che l'unico vizio che valga la pena di coltivare sia la vita, come sempre.;)))))))