venerdì 30 aprile 2010

Se è festa è festa. E punto.

Si tira leggermente il fiato di venerdì, rilassandoci ma non quanto si vorrebbe. La vita ti tiene al guinzaglio e ogni tanto strattona per far capire che comanda e devi seguirla, a volte è seducente come un babydoll raso e piume, altre volte è la spina di una pianta grassa, nel pollice a tradimento.
Com'è come non è, bisogna tenersela.
Intanto domani è il 1° Maggio, festa sacrosanta del lavoro e dei lavoratori, categoria che si sta cercando di eliminare lentamente, con metodo. Però senza lavoro non si campa, non si ha un'identità, non si ha rispetto di sé stessi e del proprio tempo (anche gli accidiosi che tendono a ritagliarsi pieghe nel tempo per fuggire alla vita e alle sue pressioni devono lavorare, spesso riescono a farlo lentamente, ma prima o poi sono costretti a correre anche loro, turbati e sconvolti dalla cosa). Ora abbiamo i mezzi per lavorare meno (certuni), per lavorare con maggior sicurezza, onestà e tranquillità, per spaccarci di meno le ossa della schiena, in definitiva, rispetto a quando si lavoravano 20 ore al giorno, inclusi i bambini. Però gli abitanti di questo mondo non sono mai stati giusti con i loro simili e mettono in atto tutto il loro ingegno per escogitare sempre nuove tecniche di sfruttamento e sopraffazione, volendo di più, sempre di più, più profitto, più cose, più case, più diamanti, petrolio, più legno, più roba inutile, inutile, inutile. Ragazzi, dicono, prendiamoci tutto, del doman non v'è certezza.
Il meccanismo si è grippato e infatti stiamo colando a picco.
Giustamente viene da chiedersi, se ho la lavastoviglie che lava, la lavatrice che lava, la macchina che fatica per me, perché comunque non ho un momento libero? Perché corro come una matta da una stanza all'altra tentando di arginare la marea di oggetti i quali, appena giro le spalle, sembrano prendere possesso e controllo della casa? E soprattutto, come ho fatto ad avere TUTTA QUESTA ROBA?Quando, esattamente, ho perso il controllo e ho permesso che gli oggetti si accoppiassero e moltiplicassero come le stelle del firmamento e i pescetti?
Perché lavoriamo per tentare di mantenere uno status, ovvero una condizione astratta, per fare bella impressione sugli altri, e fatichiamo più del necessario? Mangiamo troppo perché siamo schiavi degli zuccheri complessi e titillanti che la tv spara nelle nostre retine, spendiamo fortune in palestra per eliminare gli zuccheri complessi e il senso di colpa, perché se non siamo magri siamo dei falliti (dicono, ed egoisti, pure, ci mangiamo il pianeta), se decidiamo di essere quel che siamo non andiamo bene perché siamo strani, se deliberatamente ce ne freghiamo e facciamo gli eccentrici, ok, ma possiamo essere eccentrici cool e non sfigati, quindi devi faticare ancora. Osteria, non c'è un attimo di pace.
Il lavoro è nobile, il tentativo di rimbambirci con pressioni e spintoni ad essere tutti seriali per niente. Leggo in giro che molti stanno riscoprendo il lavoro manuale, farsi i vestiti da soli, aggiustare le cose, beh, meglio, no? Sentire le mani che fanno qualcosa, che si scaldano, che gelano, sotto sforzo, le vene gonfie, sentire la forza sotto la pelle pronta a muoversi come un animale vibrante...sì, è un atto nobile con in sé un meraviglioso, elevato significato, creare, ordinare, strutturare. Piccoli dei, per una volta.
A Padova ci sono un mucchio di polemiche sui negozi aperti la domenica, il sindaco dice che tutte le città turistiche lo fanno, chi lavora dice che così non ci si riposa veramente mai, che anche se si sta a casa di lunedì la domenica è un'altra cosa, le madri vogliono stare con i figli, portare i bambini al mare, stare un po' in panciolle a casa, con mariti e morosi, che ci sono altri modi per riempire le città la domenica, organizzare feste in piazza, spettacoli, gare, giochi collettivi, che non è sempre necessario chiudersi in un negozio e comprare, comprare, comprare per passare il benedetto tempo....meglio farsi una biciclettata in campagna, o fare una domenica ecologica, e girare in bici per la bella Padova e le sue vie medievali. Poi, chi vuole, si tiene il negozio aperto, ma non si può precettare la gente, non gli si può rubare il tempo e la vita. Non mi potete svuotare.
Ci vuole un modo buono per salvare l'economia, senza spellare la gente, senza toglierle il diritto di riposarsi. E' un abominio costringere a lavorare anche il 1° Maggio, una vergogna.
E' assurdo e crudele.
Comunque, buon 1° Maggio a tutti, e quando dico tutti, lo spero dal profondo del cuore.

8 commenti:

Gillipixel ha detto...

Solo due cose brevi volevo dirti, Vale: la prima, di cui non t'importerà una fava bollita, è che ti bacerei per quello che hai scritto :-)
L'altra è una sarcastica variante del famoso adagio sul lavoro, che un simpatico vecchio muratore, sommo affabulante del mio paesello, soleva dire, cazzuola e filo a piombo alla mano:
"...Il lavoro nobilità l'uomo e lo rende simile alla bestia..."
:-)

Visir ha detto...

E' vero, e come si dice nella metropoli dove vivo: "A lavurà se diventa minga sciur" (trad. A lavorare non si diventa mica ricchi.

Inoltre conosco amici che non lavorano e hanno comunque un intenso tenore di vita.
Alcuni di loro hanno avuto piccole controversie con l'ordinamento giudiziario, ma sono dettagli che paragonati allo svegliarsi tutte le mattine per andare a bottega non sono poi così terribili.

A parte questi "border line", il problema dell'economia (mondiale e domestica) è una questione che assilla tutti.
Sia quelli che vogliono tutto e anche quelli che vorrebbero solo un pochino.

Come patafisico preferisco occuparmi del particolare piuttosto che del generale, cui già se ne occupano in molti con i risultati che sono sotto gli occhi di tutti.

Ecco che guardo il mio armadio pluristagionale, colmo di pantaloni, manco fossi un millepiedi, e mi sorprendo a mettere sempre gli stessi jeans.
Riposano in buon ordine file policrome di maglioni in cachemire e poi sono a mio agio solo in felpa.
Il mio cappotto burberry nero mi fa ciao con la manica, quando apro l'anta di questo vaso di Pandora, ma alla fine indosso sempre il mio giaccone di pelle e sfreccio con la moto fra le vie del centro.
Paio Marlon Brando ne Il Selvaggio se non fosse per qualche "vaffanc...." Che mi becco per qualche manovra azzardata e storce un poco questa istantanea in bianco e nero.

Non indosso orologi, collanine, bracciali, orecchini, anelli, ma non posso definirmi vaccinato contro il fashion-victim virus.

Ho venti paia di calze blu di cotone che metto sia in estate (quando non fa troppo caldo) e in inverno (anche se fa molto freddo).
Questo mare blu cobalto è punteggiato da boe di "pedalini" multicolori che restano intonsi come vergini durante un gay-pride.

Il mio unico lusso sono i boxer elasticizzati G-Starr cui non rinuncio mai se non nei momenti di intimità che condivido con il sesso opposto, per forza si dirà in coro...questa, però è un'altra storia.
Sono un paradosso, lo so e me ne vanto anche.
Ho il superfluo ma uso solo il necessario.
Alla fine mi tocca lavorare duro come un peones della Sierra Madre solo per colmare la paura di sembrare povero.
Sono in buona compagnia, magari si dirà ancora, ma questo non mi aiuta ad aumentare la stima di me stesso.
A volte partecipo a dei party socialmente elevati e mi annoio mortalmente; sogno una bottiglia di rosso su un tavolo sbilenco con due amici sinceri vicino.
Ma è solo un miraggio di semplicità che ho smarrito ormai da secoli.
Poi la notte i mostri vengono a tirarmi le coperte, sono i miei sensi di colpa per il tempo buttato correndo dietro alle ombre.
Passo in rassegna la mia collezione di sentimenti in confezione spray prima di cadere nel mare di pece di Morfeo.
Ho mancato il segno della mia esistenza? Chi se ne cala, l'importante è non mancare i saldi di luglio, cazzo!

La vita alla fine è fatta così: grandi sconfitte e piccole rivalse senza ragione.:)))))

Vanessa Valentine ha detto...

Al contrario, Gilli, sono onorata (e come poteva essere altrimenti? :))) )
Credo che la gente, malgrado tutti i tentativi di affossarlo, abbia festeggiato il 1° maggio, e degnamente (così come festeggerà l'Unità d'Italia, a festeggiare siamo sempre imbattibili...;) )
Il vecchio muratore non avrebbe sfigurato come senatore, anzi...grandissimo e delizioso sense of humour, del resto eravate compaesani...;))))))

Vanessa Valentine ha detto...

Il problema, Visir, è che cerchiamo di afferrare le sabbie del tempo, come si sa, non riuscendoci. Non potendo restare eternamente giovani noi, tentiamo di farlo fare ad oggetti sempre nuovi e belli,al posto nostro. Loro però ci fanno sfigurare. tanto vale mettersela via.
Complimenti comunque per il Burberry nell'armadio, è sempre un capitale. Amare le cose belle, in fin dei conti, anche quelle che non ci salassano, ci fa sentire un po' felici e un po' umani, e a volte solo Dio lo sa se non ne abbiamo bisogno.
Però è vero, finisci col portare sempre le stesse cose che ti fanno sentire carino e sicuro di te, e magari snobbi l'abito fico che ti è costato un occhio per una cerimonia alla quale magari non volevi neanche andare (e poi porti sempre quel vestitino che avevi al primo appuntamento, o gli stessi pantaloni perché hai sempre rimorchiato qualcosa, non ti hanno mai tradito...)
Meravigliosamente fitzgeraldiano, stavolta...;)))))

Visir ha detto...

In effetti, ho scritto cavalcando la tigre dell'ironia, ma come spesso accade si sorride di quello che dovrebbe farci piangere o almeno riflettere seriamente.

La contabilità esistenziale se fatta senza barare è, nelle migliori condizioni, pari a zero.
Librarsi da questo mondo avendo pareggiato debiti e i crediti sarebbe un vero “successone”.
Tutti siamo in definitiva sconfitti dalla Nera Signora che danza nel mondo in un macabro rondò.
Quando ci sorriderà porgendoci la mano per l'ultimo giro di valzer, sapremo che è arrivato il nostro turno e sarà degno di uno spirito forte sorridergli di rimando.

Lo so, lo so, sono palloso e non si dovrebbero raccontare queste storie in una giornata piovosa come questa, ma la realtà bussa alla porta, anche se facciamo finta di non sentire.

Ci vorrebbe forse un miracolo per accendere una speranza, un falò inestinguibile di calore e luce.
Mi ricordo invece una discussione con un mio amico (molto disordinato e pigro) con cui parlavo di questioni religiose.
Gli dissi: “Tu non riconosceresti Gesù manco se suonasse alla tua porta”.
E lui: “Certo che lo riconoscerei… Ho il campanello rotto da due anni!”.

Alla fine ridiamo, ma non possiamo fare a meno di banalizzare anche il fatto più incredibile, l'intuizione più sconvolgente, l'anelito più elevato.
Ridere esorcizza le paure, ma non si può mai dire se questo riso sia figlio della saggezza o della follia.

Vanessa Valentine ha detto...

Ah, ah, ah, molto fico il tuo amico (e gli diamo il benvenuto honoris causa nel club dell'accidia, ovvio).:))))))))
Saggezza e follia sono il terreno fertile ove una vita serena e compiuta può prosperare. Alla morte penseremo a tempo debito, Visir, e al suo triste valzer, al suo pestarci i piedi con i suoi piedoni ossuti.
Il nostro sorriso abbaglierà il suo.
Spero.

Visir ha detto...
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Visir ha detto...

CAVALIERE:
Allora la vita è un assurdo orrore! Nessuno può vivere con la morte davanti agli occhi sapendo che tutto è nulla.
MORTE:
La maggior parte della gente non pensa né alla Morte né al nulla.

(Ingmar Bergman, da Il Settimo Sigillo)