mercoledì 9 giugno 2010

Quel che una graziosa scollatura può fare

Intanto, ti hanno già detto che per domani ti devi preparare all'arrivo della bolla di calore (molto caldo al centro e al sud, la solita follia tropicale e sudatissima qui da noi nella verdeggiante pianura padana. Quindi ti dai da fare come una matta a pulir casa, a cercarti le infradito seppellite in garage da un anno, più o meno, a tirare fuori dalle maestose cavernosità dell'armadio la gonna di lino che, sola, ti concede un minimo di eleganza, il fottersene della depilazione e il fresco di un tessuto che lascia passare l'aria dove ti interessa che l'aria transiti spensierata.
Lavori le mattine e i pomeriggi, a volte ti senti come il protagonista di "Fight Club", perso in qualche aeroporto o volo, in una dimensione semionirica, confusa tra studi ed avvocati e ignara di quel che fai, consapevole solo del malloppo di atti che ti porti dietro nelle cancellerie, mentre i tuoi teneri bicipitini femminei cominciano a farsi interessanti (tra parentesi, oggi hai corso bene, la tua solita corsetta virtuale, ed hai avuto quella sensazione bella, massì, quella che si chiama high, non bella come quella più famosa e celebrata ma insomma, si avvicina un minimo, un piacere morbido e diffuso nei muscoli, un senso di calma e potenza, la consapevolezza di un corpo sano e oliato e pieno di benza da incendiare.) Ti senti anche meno insonnolita del solito.
Reduce da un paio di grigliate con gli amici, pantagrueliche sessioni per carnivori e devoti di Bacco, con le rotondità botticelliane bene in vista ma non per questo gravata da sensi di colpa (solo, ci vorrebbero più cene e più grigliate), sei finalmente in grado di annusare nell'aria il sensuoso profumo dei fiori di magnolia (veramente simili a colombe, come la vecchia Vita Sackville-West diceva), sentire il calore stordente del sole sul collo, apprezzare il tram vuoto e gli studenti a casa, finalmente. Adesso la città è di nuovo tua, discretamente deserta, in certe zone. I ciottoli fanno un suono migliore, anche, sotto i piedi.
Nel tentativo di rinfrescare il corpo copri il minimo sindacale e così ti ritrovi in tribunale, già bello fresco per via di un'aria condizionata che da sola si ciuccia via la corrente di mezzo Veneto, e il cancelliere dei fallimenti è gentiiiile, ma scherzerai, uno zucchero, ti fa le copie lui senza fare storie e ti fa shhhhh, non lo dire a nessuno. Ora, non che tu sia così dotata di grazie, Madre Natura con te ha avuto un po' il braccino corto, ma sai benissimo che i reggiseni imbottiti di h&m meriterebbero una menzione a parte.
E quando proprio non ce la fai a sopportare un elasticozzo che ti stringe le costole e ti ingabbia (per niente, peraltro, dovendo sostenere ben poco), ti butti su quei bei top presi in saldo tanto tempo fa e che ora, complice la miseria che vai piangendo, riscopri. Dondoli in giro per la città con la schiena da nuotatrice generosamente scoperta, sentendo chiaramente alle tue spalle due distinti signori di mezz'età dire "che bella schiena che ha, questa", al che ti giri e ringrazi per la cavalleria, e loro ci restano un po' secchi (ma tesori, che pensavano? che tu fossi islandese? ci senti da Dio sulle lunghe distanze, pensa a un metro. E dicono, ci scuserà, ma le abbiamo fatto un complimento, e tu, ma ve ne sono soltanto grata!, e in fondo è la verità.
Pensi che devi ricominciare a fare pesi seriamente, perché ti piace guardarti mentre i muscoli si muovono come gattini agitati sotto la pelle.
Oggi è solo mercoledì e la settimana sembra ancora eterna come un pomeriggio dal dentista con solo riviste di alpinismo da leggere...devi ancora correre un sacco, che tu lo voglia o no, dolcezza.
Correre in tutti i sensi e per tutte le lunghezze. Gatta pigra che non sei altro, hai finito di poltrire sul divano.
Ohitè.

2 commenti:

Visir ha detto...

Chi teme la morte sicuramente non ha mai lavorato abbastanza.

L'eterno riposo mi appare talvolta più seducente di una bella donna in abito lungo, più invitante di un piatto di fritto misto e pomodorini in una trattoria vicino al mare.
Finalmente libero da questo corpo materiale potrò, etereo e bellissimo, trascorre un tempo eterno in santa pace.

Mi mancheranno le fatiche del vivere quotidiano? Il tedio di riempire il frigorifero sia materialmente che spiritualmente?
Avrò nostalgia delle sensazioni, dei brividi e delle passioni?

Non saprei, certo non mi mancheranno le ansie, le bollette da pagare, i litigi, i dolori del corpo, della mente e anche quelli più acuti: quelli dell'anima.

Uno spirito gravato da questo universo materiale così pesante e grezzo.

Vivrò allora il librarsi della mia essenza nello spazio infinito, un punto di consapevolezza fra le stelle, un leggero vento solare che lambisce i pianeti lontani.

Un viaggio senza bagaglio, senza meta e senza destinazione alcuna.

Quanto lontani mi sembreranno i ricordi dei caldi estivi patiti e degli inverni lunghi come una steppa.
Gli amori bramati e le risate degli amici, lontani come un’eco indistinto.
Pensieri che vanno e vengono, come brevi percussioni nella musica del silenzio.

Mi ecco un rumore assordante.
Pare una sirena di uno Stukas in picchiata su di me, ma è invece un clackson che urla alle mie spalle.

Riparto frenetico inserendo la marcia e sgommando nervoso.

Mi ero appisolato solo per un attimo e già è ora di vivere.

Vanessa Valentine ha detto...

Se penso al fritto misto e ai pomodorini, vorrei non dover morire mai.