lunedì 18 aprile 2011

Il piacere perfetto

E' un oscuro segno dei tempi: la gente inizia ad averne le scatole piene di correre sempre, a prescindere dalla direzione.
Lo sappiamo, sia io che voi. La società moderna, liquida, semiliquida, frullata o a pezzettoni ci ha preso gusto e da un po' di tempo stava lì a dire, fai questo, fai quello, compra questo o quell'altro perché lo fanno tutti, perché è conveniente e perché così ti sentirai più importante o più bello. Adesso, a parte i quindicenni che sono ancora nella fase credulona e si illudono che tutto andrà bene fintantoché si vestono uguali agli altri, fanno le cose che fanno gli altri e via cantando, noi abbiamo ben chiaro il quadro della situazione: è una pia illusione. NON esistono creme che fanno ringiovanire, fanno crescere i capelli o fanno sparire la cellulite. NON esistono mode o vestiti che ti fanno più bello se disgraziatamente la natura è stata matrigna con te, al massimo sarai elegante, il che va già piuttosto bene. Accontentati.
Il punto è, e sto già divagando, ovviamente, che il mondo nostro, così come lo conosciamo, non la finirebbe mai di romperci le balle con le cose da fare. Da avere, da comprare, essere sempre qualcos'altro.
Lo ri-sappiamo, sia io che voi.
La società, la storia, l'eterno divenire, insomma, quel che volete, non ama la staticità. Quando uno sta seduto e inizia a pensare, per la Storia iniziano i guai.
Quando uno legge un paio di libri e si fa le sue idee, i guai si addensano come il budino con troppa maizena dentro.
La gente comincia a pensare che le cose potrebbero andare diversamente se soltanto ci si fermasse a pensare alle cause, agli effetti e ai guai che ne saltano fuori. Giusto?
Per questo motivo mi unisco alle voci che inneggiano alla noia. All'otium, toh, se vogliamo dargli una patina latina che fa fine.
Tutto questo strampalato cappello per dire la mia (inutile) opinione sulla tanto vituperata noia.
Del resto, questo blog l'ha già fatto, fregiandosi dell'accidia, fin dal titolo.
Noia e accidia son cugine. Un po' come io e la Magnifica. Andiamo via a braccetto e ci divertiamo, in nostra compagnia.
In mezzo alla travolgente catasta di articoli di giornale che nascondo in mezzo al divano, di solito, ho estratto l'elogio della noia. Grandioso. Me l'ero messo da parte perché, come tutte le forme di contagio, aveva un suo fascino perverso.
L'atto di annoiarsi è visto da molti come un peccato bello e buono. Se non ti prendono per una formichina scalmanata, gli altri ti guardano male. Ora. Non so che rapporto avete voi con gli Altri. Nella mia modesta esperienza di vita gli Altri sono un mucchione indistinto che avanza come la nebbietta in novembre, ci entro in mezzo, e ne esco solo con i capelli un po' umidi. Non mi ci perdo e non mi tramuto in nebbia. Ognuno resta quel che è.
L'ho già detto altre volte, non capisco che bisogno ci sia di sbattersi tanto da mane a sera.
Uno già lavora, torna stanco e ha tutto il diritto di schiaffarsi sulla sdraio a leggersi il giornale. Cucinare si fa presto, ci sono un sacco di cose che vanno nel piatto veloci, al massimo ti fai un uovo all'occhio e due foglie di lattuga. Hai diritto alla tua lentezza e al tuo tempo. Le cose van fatte pianino, lente e dolci, vanno lasciate lì a insaporire. Perché correre a perdifiato giù dalla collina? Accetta la stanchezza, non è mica un delitto.
Il discorso si fa ancora più toccante se mettiamo in mezzo i bambini.
I piccoli hanno il sacrosanto diritto di annoiarsi. Di star lì a guardare fuori dalla finestra per un tempo infinito. A guardare una fila di formiche in terrazzo. A giocare con i sassi, le mollette del bucato e le foglie.
E' partita la moda dei bimbi iperattivi, figli di genitori che ai figli dovevano far fare tutto quello che i loro genitori non gli avevano fatto fare (in pratica, tutto. A parte giocare a pallone all'oratorio e fare il tè per le bambole, chiaro). Bambini figli di gente ipercinetica uguale bambini che girano a sbregabalòn dalla mattina alla sera. Bambini che ti tirano matta. Che ti mandano al manicomio, ma davvero. Con una stanza piena di giocattoli ma che si ANNOIANO, davvero, drammaticamente, perché a otto anni sono talmente pieni di stimoli, cose da fare, opinioni da dare e considerazioni sulla vita che nemmeno un filosofo di novant'anni. Se li costringi a fare tutto così piccoli, si romperanno le palle subito, prima ancora dello sviluppo.
Ma dai.
Ma annoiatevi insieme ai vostri figli. Io non ne ho, ma mi piacerebbe guardare le nuvole insieme ai miei. Leggere un libro, e ridacchiare. Giocare col cane e col gatto. Dormire, o pisolare in giardino, col bambino sulla panza. Chissenefrega del Pilates, il culo scenderà comunque, la gravità è troppo forte per noi. Fare meno cose e farle meglio.
La noia che nasce da una mente mediamente intelligente non è mai negativa. E' brutta solo se ti fa provare sensazioni indotte dagli altri, ti annoi se sei costretto ad andare al centro commerciale perché preferisci non sapere che lì fuori ci sono mostre, monumenti, parchi, giardini, se hai compresso la creatività dei tuoi figli trasformandoli in piccoli adulti nevrotici che si incazzano perché non sanno quello che vogliono. E ci mancherebbe. Chi è che lo sa?
Se lasci il tuo cervello vuoto e il corpo inattivo per una mezz'oretta, le idee arrivano. Non saranno grandiose ma diamine, son pur sempre farina del tuo sacco. Nessuno di noi è obbligato a diventare un faro dell'umanità, si può anche essere umani comuni che vivono tranquilli e pacifici. Non è obbligatorio diventare tutti famosi a tutti i costi.
E adesso organizzano corsi per annoiarsi. Ma tu pensa. Bisogna reinsegnarlo alla gente. Pensa a che punto siamo arrivati. Gente che si fa prendere dall'attacco di panico se ha davanti a sé un pomeriggio di beata fancazzitudine. Un soffitto da fissare a vuoto per un po' e ti senti già morire. Ma sveglia. Se non ti fermi mai, appunto, non pensi mai. Non vedi come ti sei ridotto. Quante cose inutili ti tocca fare nella vita. Ti tocca mangiare il sushi, e non lo sopporti. Ti tocca vestirti color malva, ed è un colore che ti fa venire i vomitini. Ma ribellati! Riprenditi il tuo tempo, il tuo non-tempo, il tuo non-fare.
Rallentare. Che meraviglia.
Dedicarsi alle cose piccole, noiose, che non portano a niente, non ti fanno fare carriera, non producono. Finalmente.
Chissà che un po' alla volta, un lento e distratto passetto alla volta, un numero sempre più nutrito di persone passi al lato noioso della Forza.
O così, o finiamo tutti alla neuro.
E senza motivo, poi.
Noi, non ci guadagniamo niente.

9 commenti:

Jenny ha detto...

Ave ValeVane..mi ci perdo anch'io in questo naufragar piacevole di noia. E' necessario...Serve a tutti per ricaricarsi. Io provo rimorso spesso...sempre inseguita dall'orologio...come il coniglio di Alice.
Ma vedi...anche tu...per scrivere, magnificamente direi, di questo tema...hai impegnato il tuo tempo... : tutto serve!

Vanessa Valentine ha detto...

E' ben vero, o Magnifica...! però il tempo speso (sprecato?:) ) a scrivere il blog lo faccio rientrare nella categoria dell'otium...e così mi sento a posto...!;))))
tra l'altro, fra una "gita" in centro per terapia e la spesa non mi sono mai fermata...solo adesso...quel che si dice predicare bene e razzolare peggio...:))))))

Gillipixel ha detto...

Vale, sai quanto sono sensibile a questi temi :-) e l'altro giorno, vedendo dalle prime righe di cosa trattava stavolta il tuo articolo, mi sono preso il tempo giusto per leggerlo con calma :-)
Trovo stupenda ogni parola che hai scritto :-) sprizzi saggezza da ogni sillaba :-)
Per quanto mi riguarda, hai scritto il mio programma ideale di governo, la nuova costituzione morale del futuro :-)

Se fossi in lizza come premier, ti voterei per sempre :-) ma so che il giorno utile per andare a presentare la tua candidatura, saresti stata troppo impegnata a fare un pisolo e a leggere sull'amaca :-)

Evviva ValeVane, nostra regina dell'ozio :-)

Anonimo ha detto...

Bellissimo quest post, e quanta carne metti al fuoco, mi gira la testa, mi verrebbe da stamparmelo e portarmelo dietro, come memento, quando mi dimentico che, come diceva il Bruno Ganz di "Pane e tulipani", i piaceri della vita sono lenti. Io ci aggiungerei anche: sono lenti e spesso silenziosi. Ma la seconda è solo una mia ossessione.

"Se non ti fermi mai, appunto, non pensi mai. Non vedi come ti sei ridotto" è da brivido.

Bello insomma. Clap clap clap.

Vanessa Valentine ha detto...

Eh, Gilli, lo so bene che tu sei un fulgido esempio riguardo alla somma, beata pigritudine!:))))))) e sapevo anche che avresti apprezzato il mio piccolo scapestrato post...;)
La cosa che davvero mi ha fatto morire è venire a sapere che organizzano i corsi per imparare a non fare e ad annoiarsi, i corsi di silenzio...ma davvero!
Inconcepibile, per una flanellona come me.
Grazie anche per il tuo voto ma come hai mirabilmente detto sarei senz'altro troppo occupata a poltrire con libro sulla panza, e/o gatto e/o martini ricolmo di ghiaccio e fette d'arancia...o tutte e tre le cose, anche.:)))))))
Scenderei in campo se fosse l'Italia a chiedermelo, beninteso, ma la vedo male...;))))))))))

Vanessa Valentine ha detto...

Grazie, Soglia, sono felice ti sia piaciuto!:)
Sono d'accordo con te anche sulla piacevolezza "silenziosa" di certi momenti: tra i momenti più appaganti della mia esistenza metto in cima certe passeggiate in montagna, in barena, sulla spiaggia o in certe zone quiete della città. Il silenzio è un atteggiamento mentale che, una volta imparato, anziché intristire rimpolpa la vita. Come tutte le cose sagge, comunque, uno deve impararselo da sé.

Visir ha detto...

Il piacere perfetto deve essere intenso e...lasciare insoddisfatti.

Il turbinio della vita moderna come diceva la pubblicità, fa leva proprio sull'insoddisfazione.
Sono qui, ma vorrei essere là. Mangio questo, ma vorrei assaggiare quello. Trombo quella e penso ad un’altra (scusate lo scivolone hard).

Non credo nelle regole e ancor meno nelle ricette di vita, ma penso che se vi è un principio che possa definirsi "generale" è nell'intendere la felicità come essere semplicemente a proprio agio nel momento presente.

Quando, miracolosamente, la mente smette di fare la scimmietta che vuole afferrare il riflesso della Luna nello stagno, ecco...Allora accade.
Corpo e mente si sincronizzano e non vorrebbero essere altrove se non dove sono.

Che senso ha correre se tutti camminiamo verso la vecchiaia e la morte? Dai, permettimi questa nota nichilista.
Comunque sia l'elogio della lentezza è già stato fatto da uomini più saggi di noi.
Diverso però è la noia.

Io non mi annoio mai.
E come potrei? Se la compagnia di me stesso è così interessante.
Il mio smodato egocentrismo non me lo permette.
Godo nella percezione della mia forte corporeità, dei voli pindarici della mia mente brillante, nei moti spirituali della mia anima raminga che vaga a ramengo su per questo arduo calle.

Come potrei annoiarmi in questo mondo così folle? E' una commedia degli equivoci così divertente!

I curiosi abitatori bipedi di questo pianeta sono una fonte inesauribile di stupore e di sorrisi per me.
Le loro assurde passioni, gli immensi egoismi, le acrobazie che fanno per giustificare i loro capricci in cui si dibattono.
Non chiamarmi arrogante perchè lo dico con amore. Io amo l'umanità tanto che talvolta ne condivido perfino la pazzia.

Chiunque sfoglia un album fotografico concluderebbe che abbiamo vissuto un’esistenza felice e serena senza tragedie, nessuno scatta una fotografia... di qualcosa che vuole dimenticare.
Nell'archivio di istantanee della nostra memoria è molto diverso però.

L'antidoto a questo veleno per il cuore? Bisognerebbe essere sempre innamorati. Ecco perché è meglio non sposarsi, questo lo dico inter nos.

Va anche valutato l'errore che si fa nel considerare non l'amore o la spiritualità in sé ma l'uso che si fa di queste due parole.
Se veramente ci consideriamo esseri immortali che possono permettersi il lusso di vivere fra gigantesche contraddizioni e infinito egoismo; se tutto quello che conta per noi è la gratificazione immediata, come possiamo rendere l'amore o la spiritualità qualcosa di autentico?

Senza questa esperienza vera non ci si può stupire se molti in giro si affannano senza posa a rincorrere solo delle brutte copie.

Vanessa Valentine ha detto...

Visir, tu metti un sacco di carne al fuoco davvero, e ogni volta.
Penso che l'atteggiamento distaccato e fortunatamente rilassato sia una conquista individuale, l'ho già detto e lo ripeto. Quindi concordo con te. Ma che fare se non ti piaci, anzi, ti detesti?
Oppure la vita ti ha costretto, e tu hai scoperto che sbattendo il naso contro le asperità della vita tutto il tuo vano correre era appunto solo tempo perso. (Il "tu" è generico, chiaro).
Devo ammettere che la conversazione con le persone che reggono un telefonino all'orecchio, una pila di giornali, la sacca della palestra e una barretta di cereali con le dita dei piedi mi mette sempre in crisi. Mi dicono, non ce la faccio più con questa vita, e io ribadisco, ma chi te lo fa fare? Anziché andare in palestra 4 volte alla settimana vai meno e passeggia in campagna che così ti distendi i nervi, anziché uscire tutte le sere a caccia di un partner screma e seleziona, e una sera stattene in terrazzino a fumarti una cicchetta, se ti va, e a guardare le stelle.
Non abbiamo un dispositivo che ci fa esplodere, se rallentiamo o ci fermiamo a guardare il paesaggio.
E', appunto, una moda di questi tempi scellerati che ci vuole consumatori veloci, distratti e confusi.
Nel nostro piccolo possiamo continuare a godere della nostra defatigante compagnia e se qualcuno vuole aggiungersi al club, beh, benvenuto. Ciapa su un bel bicchierone di tè freddo e metti pure i piedi sul tavolino.:)))))

Visir ha detto...

Invidio un poco il tuo pragmatismo intellettuale, parli da donna semplice, ma che non vuole però apparire superficiale. Scusami se non commento la tua domanda a proposito del fatto che una persona si piaccia o no. Possiamo evitare le domande cui possiamo risponderci da soli? Spero e confido nella tua anima buona per liberarci dalle cose inutili.

Diversamente io scrivo da uomo tormentato (che sembra un parolone e magari lo è, ma non è poi così male viverlo).
Nel mio divenire quotidiano questo piccola tortura non è colta da nessuno, forse perchè alla fine alla gente, agli amici, ai cosiddetti amori gliene cala solo di se medesimi, oppure sono solamente un abile mentitore o più semplicemente dimentico me stesso camminando più velocemente dei problemi che mi pongo.
Come posso biasimare gli altri se io stesso non riesco ad essere diverso?

Quando illustro la mia spietata visione della realtà tolgo il buon umore a qualunque interlocutore, questi poveretti non sanno che dire, divagano dondolando sui piedi e parlano d’altro.
Giungo così alla conclusione che è meglio tacere su argomenti non graditi, forte anche del convincimento che se è vero che la verità rende liberi è altrettanto vero che l'uomo non può essere libero e felice allo stesso tempo.
Meno male che posso rompere le palle nel tuo Blog che uso biecamente come “sfogatoio”.

Tornando al mio ragionamento risulta evidente che la libertà è troppo pesante per la maggioranza degli uomini, essi abbisognano dell'autorità che deve provvedere ai loro molti bisogni materiali i quali occupano la totalità del loro impegno di vivere.
Quasi tutti necessitano cioè di una guida autorevole ed autoritaria (come certi bambini poco intelligenti ma vivaci). Una mano ferma che li svicoli dalla responsabilità di se stessi e possa permettergli di essere un po’ felici.
Di quella felicità ordinaria tanto cara alla moltitudine e tanto simile allo stordimento e all’ebbrezza che procura il vino.

Questo mio pensiero è meglio descritto nel capitolo: Il Grande Inquisitore.
Tratto da -I fratelli Karamàzov- di Fëdor Michajlovič Dostoevskij di cui faccio un riassunto da dilettante quale sono.

Gesù torna sulla terra dopo quindici secoli.
La gente lo accoglie festosa, ma dopo pochi giorni è imprigionato dalla Chiesa.
Il grande Inquisitore gli annuncia dopo un lungo discorso la condanna a morte comminata per il suo comportamento sovversivo. La libertà che promuove è contro la felicità dell’uomo cui si rivolge.
Cristo rimane sempre in silenzio di fronte a queste argomentazioni, e come unica risposta si avvicina al vecchio Inquisitore e lo bacia sulle sue vecchie labbra esangui.
Il vecchio sussulta. Gli angoli delle sue labbra hanno come un tremito; va verso la porta, l'apre e gli dice: "Vattene e non venire più... mai più, mai più! E lo lascia andare per le oscure vie della città.
L'Inquisitore è turbato, eppure "...quel bacio gli brucia nel cuore, ma il vecchio non muta la sua idea.

A proposito, Buona Pasqua a te ed agli occasionali commentatori.