sabato 27 aprile 2013

Elogio dell'introversione

Semplicemente, ci sono periodi in cui ti piace stare per conto tuo. Guardare il temporale che viene avanti, oltre le tende, pronto a rovesciare ettolitri d'acqua sulle già macilente guaine del terrazzo e le piante che si agitano indispettite perché non le hai messe dentro in tempo. E nuvoloni neri e arroganti e pioggia, così tanta pioggia da far sembrare il tuo terrazzo e le sue grondaie una Fontana di Trevi dei poveri.
La vena poetica, al contrario, secca, perché scrivi solo quando ti va di scrivere esattamente come vivi quando ti va di vivere. Sei fatta così, poco da fare.
Ho appena finito di leggere "Quiet", quel bel saggio di Susan Cain la cui copertina col pescegatto guardingo ho postato un mesetto fa. Il tipico saggio che alla fine mi fa piangere quando mi separo da lui. Scritto benissimo, davvero.
E sono qui per tessere le lodi dell'introversione, della timidezza, della riservatezza.
Facciamo una premessa: noi italiani non siamo gli americani. Pare ovvio, ma a volte non così tanto chiaro. Gli americani sono un popolo affascinante e interessante, come tanti, però hanno dei difettoni enormi, proprio macroscopici. Non ho mai capito la loro frenesia a mettersi in mostra, a capitanare le masse, ad essere l'anima della festa, nel bene e nel male. O cheerleader e quarterback o feccia.
Prima o poi alla gente stai sulle scatole. Gli italiani sono più sottili, abbiamo i montanari defilati, i nordici che si fanno gli affari loro, i tipi del centro che prendono per i fondelli il mondo e il sud che si fa perdonare tutto perché ti accoglie a casa sua alle tre di notte e ti fa la pasta con le sarde.
Gli americani, pare, sono più monocordi.
L'autrice è una introversa che ha dovuto fingere di essere una allegrona per un botto di tempo, all'università, al lavoro, e via cantando. In realtà era una come me, le piaceva centellinarsi le amicizie, era tranquilla, non amava il casino e voleva starsene a casa a parlare col gatto o col cane e a leggere. Alla fine, ha avuto il coraggio di ammetterlo.
Questa cosa, ovvero che ti piace parlare col gatto, con le piante, leggere, vederti i telefilm o dormire, in America è considerata una iattura: meglio un morto in casa di un introverso alla porta, pare. Che abominio. Una cosa da stigmatizzare.
Sono talmente abituati a considerarsi un popolo di allegroni e piazzisti da vedere con sospetto il figlio timido che ama l'entomologia e Proust. Se non sei di compagnia non sei. Vattene. Sei il loser che non vuole nessuno.
Susan Cain smonta con pazienza scientifica tutti i luoghi comuni che vogliono gli introversi come degli sfigati anello debole della catena evolutiva: semplicemente, ancora una volta, i timidi, i tranquilli, i riservati e i solitari hanno un cervello diverso, un diverso modo di vivere e di offrire il proprio talento all'evoluzione (perché in fin dei conti siamo qui palpitanti e respiranti per questo, per mandare avanti la baracca darwiniana).
Sembra che la colpa sia, come al solito, della complessità del nostro cervello, un magma incasinato che continua a propinare sorprese, anche dopo un sacco di anni che stiamo lì a studiarlo e a tagliarlo a fettine. L'amigdala, una robetta grande come una mandorlina, è la parte di cervello antico che dice scappa, fessacchiotto!, quando abbiamo di fronte un problema o un pericolo, mentre la corteccia prefrontale è la parte evoluta che suggerisce, come un maggiordomo compito e azzimato, comportati bene che la gente ti guarda. Le due parti baruffano, è ovvio, specie se sei un tipo ansioso che si fa un sacco di pare se qualcuno ti osserva (in realtà la gente di te se ne frega, per la maggior parte del tempo, credimi, è tutto tempo perso. Non ti cagano davvero mai, manco di striscio).
Ora, una tipa media come me o voi là fuori magari se ne straciccia di quel che gli altri pensano perché è così che si dovrebbe fare. Se uno si sente in un certo mood, beh, che male c'è ad assecondare la propria natura?  Gli introversi sono una cospicua parte della popolazione mondiale: gli estroversi anche. La natura, come al solito menefreghista e democratica, ha previsto la compresenza delle due categorie, ben sapendo che gli uni sono necessari quanto gli altri. Infatti, all'evoluzione servono gli introversi concentrati sull'interiorità, attenti alle soluzioni e ai problemi, in grado di ammirare il volo di una farfalla e una pagina di Joyce, così come i compagnoni trascinatori di gruppi, amanti del rischio e schiavi del brivido dopaminergico, pronti alla soluzione sul filo del rasoio. C'è spazio per tutti e due, direi.
Io, naturalmente, sto dalla parte dei timidi. Asociali di tutto il mondo, unitevi, ribellatevi agli insegnanti che vi definiscono solitari patologici non capendo niente di voi, a cui le persone vanno a genio ma a dosi piccole. Non è colpa vostra, è la vostra amigdala che gestisce male la cosa. Troppe persone sconosciute in una stanza equivalgono per voi ad un attacco nemico dei vostri neuroni. Non è cattiveria. Siete troppo sensibili a...tutto. Alle emozioni. Ai colori, ai suoni. Piangete per niente, soltanto perché avete la pelle sottile e passa tutto. Benedetti gli estroversi che stanno bene con tutti perché tutto sommato hanno la pelle grossa, e tutto o tutti sono grossomodo uguali. La fanno facile quando c'è una conversazione di mezzo perché tirano una riga dritta, parlano del più e del meno, la profondità li annoia. (Sto semplificando, ci sono estroversi profondi e introversi superficiali, dai, si sa, gli esseri umani sono davvero proteiformi). Gli estroversi ti danno una pacca sulla spalla, ti legano l'elastico alle caviglie e si buttano giù con te dal ponte per fare il salto da brivido. Tu, per loro, col cavolo lo faresti. Piuttosto gli lavi la macchina per tutto il pomeriggio.
Mi piacerebbe, ecco, come dirlo, che l'umanità imparasse ad essere più malleabile, ad accettare con slancio sincero le diversità: non siamo fatti per essere tutti degli stampini, né nelle scelte sessuali, né in quelle religiose, tanto meno in quelle caratteriali. Il mondo sarebbe bello se fosse vario, no?, o almeno, se non fosse così difficile essere vari. Ancora una volta, semplicemente, se si accettasse che l'inclinazione del singolo è importante perché ha tantissimo da offrire e non dovrebbe essere incuneata per forza in un modus vivendi che ti sta stretto come un paio di scarpe scomode.
Ma è forse ancora una volta anche questo uno di quei modi con cui quella vecchia volpona della vita ti mette alla prova? Premiando i coraggiosi che prendono il toro per le corna e gridano a gola spiegata, sì, cacchio, sì, amo parlare con i gatti, i cani e le piante e loro mi rispondono pure, e ascolto il vento di sera e piango davanti ad ogni tramonto arancione, mi commuovo con quattro note messe giù bene e quando ascolto gli esseri umani e i loro dolori piego piano la testa di lato come un uccello pensieroso figlio del destino già pronto a migrare per consolare altri lidi. Le Rosa Parks già citate che con un "no" spingono gli altri a dire, ehi, ne abbiamo le scatole piene. Cambiamo il mondo, perché così com'è fa un po' pena.
E allora ben venga il mio essere introversa, amo i saggi che parlano di me ma non mi servono giustificazioni comunque. So da tempo di avere un senso, quale sia, che importanza può avere?
Il calore che sento sotto il cuore mi ripaga già abbastanza, per tutto.

9 commenti:

Gillipixel ha detto...

Belle parole, cara Vale :-) il mondo è bello perché è avariato, diceva un tale :-) a parte le facezie paralinguistiche, mai come in periodi quale il presente, c'è bisogno di apertura mentale verso le diversità...la crisi acuisce le tensioni, come purtroppo si è visto anche ieri :-(...e se non si tengono aperte al massimo le maglie della comprensione reciproca, si rischia solo di aggravare il clima, di incupirlo ed ingarbugliarlo...

ho sentito una bella frase, da qualche parte, recentemente...l'ha detta niente meno che il caro Albertino Einstein :-) il quale sosteneva: "...La mente è come un paracadute. Funziona solo se si apre...".

Pretendere che le altre persone siano fatte in un certo modo, non solo è inutile, ma anche profondamente dannoso...ognuno deve poter dare il proprio contributo per quella che è la sua indole, assecondandola dove vale la pena, e smussandola magari nei punti meno esaltanti...

Sempre bello leggere le tue parole, Vale, anche se sei in fase di rarefatta narratività :-) come sono anche io, d'altra parte, in questo periodo :-)



Vanessa Valentine ha detto...

Siamo fatti così, Gilli, scriviamo quando ci arriva l'ispirazione!:)))))) abbiamo una Musa pigra come noi, del resto, me la immagino, stravaccata sull'amaca con una cedrata bella gelida in equilibrio sulla panza rotondetta, a sbadigliare. :)))))))))
Fosse fatto da pigri tranquilli come noi, il mondo, pensa a quanta pace, quante guerre risparmiate, quanti morti in meno...:((((
Immagino lo si possa far ricadere nell'annosa dittatura degli estroversi...colpa loro se ti tocca muoverti in continuazione e faticare. Eheh, mi piace cacciare la colpa in mano agli altri, è chiaro.
Non farti davvero scappare "Quiet", finora è il libro più bello letto quest'anno...è una foto fedele di noi amanti del quieto vivere, delle conversazioni profonde, dello sguardo perso a vagare in mezzo alle nuvole.
Il mondo ha sempre avuto bisogno di noi, anche se forse noi non abbiamo sempre avuto bisogno del mondo...;))))))
Buon 1 Maggio!:)))))

Gillipixel ha detto...

Allora me lo devo proprio procurare, Vale :-) mi hai incuriosito parecchio...mi sa che è proprio un libro che fa anche per me :-) Più introverso di me c'era forse solo il Tenerone di Drive in, quando andava "...dentro di testa..." :-D...

"...pippo, pippo, pippo..." :-)

Buon primo maggio a te e alla pelliccevole Bagigia :-)

Vanessa Valentine ha detto...

:))) quanti ricordi, Gilli!
Pensa che alla biblio di Woodville mi procurano anche "Cloudspotting", me lo avevi segnalato tutto tempo fa!
:))))))

Gillipixel ha detto...

Ehehehheehehehe :-) mi ricordo, Vale :-)...poi, quando l'avrai letto, se ne varrà la pena, scrivici sopra un articoletto, se ti va :-)

Io devo ammettere di non averlo mai letto, a dire il vero :-)
...l'ho solo soppesato in libreria e mi ha sempre incuriosito, ma sai come succede in libreria: a volte vanno placati gli istinti da lettore golosastro, se no ogni volta si rischia di andare a casa con due valige di libri :-)

Ma se riceverà la "certificazione Vale", allora dovrò procurarmelo per forza :-)

Saluti anche alla Bagigia :-)

Vanessa Valentine ha detto...

Non me ne parlare!:)))))
certe volte mi devo tenere sennò me ne compro una pila alta così!
Il dramma, oltre al portafoglio, è pure leggersi ottomila pagine complessive, a spanne...:)))))
Poi ti saprò dire!;))))
Bagigia says miaoooooo miaoooooo!

Visir ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Visir ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Visir ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.