martedì 18 giugno 2013

La Bagi in versione horror

Avete presente una di quelle belle serate in relax, sul divano, con l'acqua fresca nel bicchiere, i piedi in alto sul cuscino, smutandati per via del caldone, a godervi un Barnaby con contorno di fantasmi e omicidi vari, la campagna inglese piovosa e freschetta che in queste giornate non ci sta mai male?
Ottimo, allora avete sotto gli occhi la mia immagine in un martedì sera tipo in perfetta, solitaria beatitudine. Seguito, il Barnaby, dalla lettura a letto di "In un villaggio inglese" di Shelley Smith, giallo godibilissimo e delizioso.
Ad un certo punto, mentre Barnaby sta torchiando un tizio, si inizia a sentire uno squittio orribile, agonico, come se un minuscolo allarme fosse andato in tilt e suonasse e suonasse, a manetta. Tolgo l'audio pensando che ormai sono una vecchiaccia e che le orecchie mi fanno sentire quello che vogliono ma il rumorino è fortissimo, un grido acutissimo che non finisce mai. Nel panico più completo perché già annuso l'orrenda verità, salgo al piano di sopra e vedo la Bagi, con gli occhi neri da matta, dilatati come piattini, che mi fissa trionfante, stringendo tra le fauci un animaletto (sulle prime, non riesco a capire cosa sia, ma un passero non è). Orrore. Strilla come un topino ma al terzo piano i sorci non arrivano facilmente. Ergo.
Mentre mollo il primo di una lunga serie di urletti isterici, lei porta giù il minipipistrello e lo deposita tutta gongolante sul tappeto del salotto, mentre io, assai poco razionalmente, la supplico di portarlo in terrazza. Come se di solito mi stesse a sentire.
Il cervello continua a girare in folle, io sono in mutande e canottiera e non so che fare. Sono discretamente necrofoba di mio, quando vedo un animaletto morto mi metterei a correre in tondo come un pollo senza testa. Mi faccio coraggio e vado a cercare delle braghe al piano di sopra, per chiamare aiuto. Nel disimpegno al terzo piano c'è un altro pipistrellino stecchito, con le ali ripiegate. La killer ne ha fatti fuori DUE. Magari erano una coppietta e adesso i pipistrellini sono orfani. Disastro ecologico e tutto per colpa di una gatta killer che ha sempre fame, per quanto la rimpinzi come un tacchino prima del Thanksgiving.
Urlettando e sculettando, ridiscendo e mi ricordo che ci sono delle braghette da calcio mollate in studio, mi imbrago alla bell'e meglio e vado a bussare ai vicini gemellini, già persuasa che siano in letto e che mi manderanno a fare.
Grazie a tutti gli dei il salvifico vicino esce e, munito di paletta che riesco a recuperare al piano di sopra passando accanto al cadavere del secondo animaletto, risolve la situazione. Mi vengono in mente tutte le volte che una bestiola ha minacciato la mia sanità mentale e ogni volta un uomo ha salvato la fanciulla dal drago. Non ringrazierò mai abbastanza Dio per aver inventato gli uomini.
Dopo un momento di brainstorming, decide di buttare gli animaletti nel bidone del suo umido. Che coraggio. Io avevo suggerito di tirarli di sotto, ormai non c'era più niente da fare. Uno aveva aperto le ali, in una specie di disperato Bat-segnale, ma lei lo ha morso, e via col colpo di grazia. E' una fortuna che i gatti pesino solo 5-6 chili.
Perlustro tutta la casa in pieno stress post-traumatico, temendo mi salti fuori un chirottero all'improvviso, come un pupazzo a molla da una scatola. Per stasera, si spera, la lady ha finito con il suo safari.
Me la vedo, a saltare in alto tentando di brincarli al volo, con quella faccetta baffuta e meravigliosa tutta ghignante e compiaciuta. La faccia che ha fatto quando me l'ha depositato sul tappeto e io sono scappata via. Un'espressione disorientata e delusa. Ma come, sembrava dire, io ti porto la preda e questi sono i ringraziamenti?
Che bestiola sanguinaria.
Adorabile, ma sanguinaria.

15 commenti:

Gillipixel ha detto...

Non ci crederai, cara Vale, ma quest'ultima avventura thriller della Bagigia mi ha fatto pensare ad interessanti cose lette su un super-tomo di Umberto Galimberti, intitolato "Psiche e tecne" :-) Ma pensa te che effetti strampalati può fare una piccola Bagi cacciatrice :-)

In un passaggio illuminante di quel libro, si sottolinea un tratto fondamentale di distinzione fra uomo e bestiole...queste ultime non possono non reagire come reagiscono, posti determinati stimoli...sotto questo profilo, sono immensamente più felici dell'uomo, che per sua natura, potendo differire l'azione, e quindi scegliere, deve sottostare di volta in volta all'egida del dubbio, del rimorso, delle insicurezze più svariate, dei sensi di colpa, e così via...

La Bagigia no, e con lei tutti i suoi cugini più o meno in grado elevato sulla scala evolutiva della grande famiglia faunistica: c'è un pipistrellino che vola? E io me lo pappo, senza se e senza ma, anzi, fatto salvo un solo "se": se lo acchiappo :-) non c'è alternativa per loro, lo devono fare per natura, senza gli inciampi frapposti da quel gran fardello della coscienza :-)

I mici poi sono particolarmente crudeli, lo sai, perché non si limitano alla predazione pura e semplice, ma ci aggiungono tutto quel rito si cincischiamento senza fine della povera vittima malcapitata...ma anche qui, non sono loro ad essere crudeli...loro "devono" fare così e basta...siamo noi umani, ad appiccicargli addosso le nostre categorie, anche se tutto ciò viene molto spontaneo ed è, per l'appunto, molto umano :-)

Tanti saluti con grattini alla Bagi :-)

Jenny ha detto...

ma il tuo cavaliere dov'era? altro che uomini...li deve andare a cercare|
e per fortuna che li ha eleiminati lei...io il mio topo...l'ho trovato agonizzante: il Giorgino si stava ancora trastullando!!!!!

Vanessa Valentine ha detto...

Sono perfettamente d'accordo con te, Gilli...invidio gli animali perché sono esattamente quello che devono essere e lo fanno benissimo. Pura felinità, pura canità, pura cavallità...:))))))))
Noi umani passiamo la vita a farci le pare, oddio, mi amerà, sì, no, forse, perché, la sfangherò nella vita, sarò figo il giusto???e invece dovremmo prendere lezioni dai pelosotti che alzano la testa verso di noi, socchiudono gli occhi, tirano fuori la linguotta e ci dicono con l'anima, mi piaci tanto, giochiamo? Resto sempre dell'idea che siano esseri superiori...;)))))))
La Bagi ti saluta!;))))))))

Vanessa Valentine ha detto...

E dove poteva essere, se non al pallone?:))))))
Per carità, la serata era stupenda e rilassata, eh...unica nota dolente i due minibatman defunti...:(((((
La mia amica ha suggerito che forse la contraerea Bagi li ha tirati giù mentre vorticavano in un bat-amplesso...beh, ipotesi sensata, pigliati così vicini...molto giapponese, vero? molto eros e thanatos...:)))))))poverini, comunque.
Le prede le fanno davvero soffrire! E lo sguardo che aveva, tipo quando ti fanno un regalo e fai la faccia delusa e la gente ci resta di un male...la faccia della Bagi era così. E' una persona!:)))))))

Visir ha detto...

La differenza che gli umani si riconoscono rispetto agli altri animali è la cosiddetta libertà di scelta o libertà di essere.
Una libertà che a ben vedere non dimostrano mai assomigliandosi tutti nel voler in qualche modo apparire diversi.

L’uomo sventola come una geisha un ventaglio di possibilità davanti a se credendo di poter essere diverso da ciò che è, ma è un gioco di specchi che crea grazie o purtroppo con la mente.
Ecco che sorge in lui una sorta di invidia per gli altri animali che non vivono la frustrazione e la nevrosi, una condizione per noi tanto familiare.
L’essere umano prospera in una sorta di frenesia nel voler essere qualche cosa di altro, nel rincorrere un’ambizione fosse anche l’ambizione di essere libero, una tensione che passa inosservata, poiché è diventata la normalità.

Questo conflitto interiore che l'uomo giustifica e ammanta di qualità che a ben vedere trova solo lui non è derivato dalla sua natura "speciale" ma più semplicemente e modestamente dalla sua unica, vera e assai sviluppata caratteristica peculiare: la menzogna.
L'uomo è l'unico animale che mente, mente principalmente a se stesso e la sua prima menzogna è la negazione della sua natura oggettiva.
Costruisce intorno a se una morale insostenibile alle proprie pulsioni determinando tutte quelle patologie psichiche che egli trasla come accennato su un piano di "particolarità" cioè egli afferma la propria differenza rispetto al più coerente modo di vivere animale reclamando a sé una responsabilità che paradossalmente non manifesta quasi mai, vivendo avulso dalla Natura e mai libero veramente dai propri bisogni occultati da una morale opinabile e da un ego ridondante.
Nello psichismo umano ogni stato dell’essere che è negato alla propria coscienza entra nell’inconscio per poi rivendicare la propria attuazione con forza rinnovata e spesso esasperata nel piano di realtà.

Ciò palesa la vostra sorpresa.
Probabilmente non avete notato che la distruzione controllata non è solo la base dell’economia di mercato ma anche la base della vita biologica e dell’esistenza dell’universo.
E’ da molti ideologicamente negata seppure i fatti la affermino in maniera indiscutibile.

L'uomo nella sua profonda ipocrisia nega ciò che è evidente, ma non si esime dal comportarsi come se queste regole morali che ha creato non esistessero. Costruisce così una morale che lo separa dalle “leggi” della Natura ponendosi presuntuosamente al posto di Dio (se esiste) o delle regole dell’universo che lo mantiene in vita.
Così nega l'omicidio, ma permette la guerra con armi sempre più diaboliche, esalta la solidarietà, ma poi vive solo per se stesso, parla con ammirazione del mondo naturale ma non riesce a vivere in simbiosi con lui, divenendo, di fatto, una minaccia per lo stesso pianeta che lo ospita.

Molti si chiamano fuori da questo distopico quadro raccontandosi delle frottole ancora più inverosimili e dando la colpa al sistema, alle multinazionali, alle corporazioni a Babbo Natale e così via.

Tutti invece siamo correi di questo modo di essere.

Personalmente penso che la vita stessa dell’uomo sia giunta al suo limite estremo, essa vive dunque l’attualità di un metafisico "Mexican stand-off" pronto a detonare nella faglia sottile da lui creata fra realtà e illusione.

P.S. Oltre al tuo gatto come protagonista della tua vita c'é altro?

Vanessa Valentine ha detto...

Hai voglia, caro, se c'è altro...
Mi chiedo se tu puoi dire altrettanto della tua, di vita.

Visir ha detto...

Intendevo nella scrittura.

Vanessa Valentine ha detto...

Vita e scrittura sono fatte della stessa sostanza?
Eh, sì.
Amo quella gatta perché è intelligente, divertente, di carattere e la sua conversazione non mi annoia mai.
Molto più di quanto possa dire di tanti umani, in effetti.

Visir ha detto...

Vita e scrittura non sono fatti della stessa sostanza, a meno che non si vuole intendere (con notevole libera estensione) che entrambe sono colorate dalla nostra interpretazione e dalla soggettività della visione personale.
Certo è che la vita (o Dio per chi ci crede) scrive il suo copione e a noi tocca interpretarlo così come lo scrittore determina la sceneggiatura mentre l'interpretazione è fatta idealmente dal lettore.
In un certo senso lo scrittore gioca a fare Dio e qualche volta riesce a creare storie e personaggi che superano quelle che il Sommo Creatore fa vivere alle persone vere.

Volendo cercare un ulteriore parallelismo tra letteratura e realtà, giusto per sostenere il tuo spunto, si potrebbe dire che è la similitudine molto labile che si può trovare nel raffronto tra gli scacchi e il poker.

Gli scacchi sono come dovrebbe essere la vita (nella sua costituzione ideale) cioè determinata dalle scelte vincolate alle regole che muovono i pezzi sulla scacchiera, ma libera dalla fortuna capricciosa.
Un gioco determinista dove il merito della capacità previsionale e della scelta migliore è il fondamento con cui si costruisce una vittoria cioè indiscutibilmente legata all’intelligenza del giocatore.
Simile dunque per molti versi alla costruzione letteraria che per quanto fantasiosa possa essere tende a dare comunque un senso alle vicende che narra e cerca nello svolgimento della trama di esprimere un messaggio, un’emozione, un ideale sotteso da una logica e trasmesso grazie alla sensibilità e alla visione dell’autore nella ricerca della bellezza.

Il poker è invece molto simile alla realtà oggettiva della nostra esistenza.
Spesso una mano apparentemente povera di buone combinazioni si rivela vincente, altre volte le migliori carte ci portano ad un azzardo rovinoso.
Poi ci sono i bluff che sovvertono ogni logica facendo presa sulla psicologia dei giocatori e dando la vincita talvolta al più incosciente piuttosto che al più bravo.
Un caso che chiamiamo Destino e giudichiamo spesso cinico e baro.
E' evidente così che solo una persona che non ha molta esperienza della vita non crede alla fortuna.

Inoltre bisogna considerare che l’esistenza non ha nessun “senso proprio” se non quello che ognuno con maggiore o minore fantasia gli da.
I nostri pilastri morali, le nostre concezioni filosofiche e religiose con cui discettiamo del bene e del male, del giusto e dello sbagliato non possono esimersi da ruotare intorno ad una domanda fondamentale: Per chi?

La soggettività è dunque la misura di tutto nell'uomo, mentre nell'arte (quindi anche nella scrittura) esso cerca un’universalità che in definitiva è un ideale irrealizzabile ma assai seducente e che lo emenda da una condizione a ben vedere miserabile.

Vi è anche un'altra differenza profonda fra realtà e la letteratura che consiste nella ripartizione del tempo.
Nella realtà il tempo scorre lungo un senso unico, sempre nuovo e non ripercorribile, un’inarrestabile entropia che è rincorsa dalla nostra coscienza e che ci fornisce la percezione del reale.
La scrittura invece è l'unico strumento che permette all’essere umano di frazionare il tempo in sfaccettature sempre più complesse, in tagli sempre più ravvicinati e sottili consentendo un viaggio non solo lungo la linea del tempo e degli eventi in avanti e indietro ma anche nella profondità e nella soggettività dei protagonisti.
Così nella storia narrata un autore può restringe il tempo sino al parossismo e poi dilatarlo improvvisamente con salti temporali scioccanti.
Alcuni autori sono stati dei veri maestri come ad esempio Marcel Proust capace oltre ad un’inarrivabile grandezza linguistica di usare questo espediente, questo gioco (la contrazione del tempo e poi la sua estensione) in un modo fantastico per deliziare e sorprendere il lettore.

Certamente sono argomenti di cui discuterai ampiamente con il tuo gatto e cui mi permetto di rinnovare qui in bianco e nero come una sorta di eco semantico.

Vanessa Valentine ha detto...

Ne parlavamo giusto dieci minuti fa, mentre ci smaltavamo le unghie, pensa.

Visir ha detto...

So Profeta... :)

Vanessa Valentine ha detto...

Sei scassamarroni, come tutti i profeti...:))))))

Visir ha detto...

Tessò, la sincerità fa quasi sempre questo effetto e suscita sempre un po' di fastidioso imbarazzo, ma poi si apprezza...dopo circa una ventina di anni.

Vanessa Valentine ha detto...

Visir, contieni la tua sincerità...l'umanità non la vuole né l'ha mai voluta.:)))))

Visir ha detto...

Chissà perché quando qualcuno parla a nome dell'umanità in realtà si occupa solo dei propri interessi e di ciò che gli fa comodo.
Azz! Mi è uscita un'altra sincerità...Pardon. :)