martedì 3 settembre 2013

L'inizio della fine dell'estate

Così brillantemente e succintamente era stato definito un po' di tempo fa dai meteorologi questo periodo.
Io l'ho sempre chiamata "fine di agosto" e non ho mai avuto problemi di sorta ma, si sa, i concetti e le parole evolvono.
Periodino di rientri, rogne, magagne, scioperi e rincari.
Quattro giorni in Alto Adige per ricaricare le pile (già piene, come tante altre cose, comunque, ok uguale), tempo così così, evitate le mangiate pantagrueliche del 2012, peccato. Appena smaltito l'acido lattico accumulato per scalata al Rifugio Roma, alt. 2300, e meno male. Gambe di legno anche su e giù per Innsbruck, mangiato lo strudel più buono della mia vita. Al solito, compagnia romana che da sola merita il viaggio. L'ultima mattina mi sono data però alla macchia e ho nuotato nella piscina deserta (che beo) e ho diviso l'idromassaggio sbattitore prima con un turco e la di lui figliolanza e poi in solitudine (che beo al quadrato). Foto comprovanti il misfatto girano su Fb, orrore.
La scuola ricorda come manchino un botto di insegnanti ma soprattutto come manchino i schei per assumere i suddetti. Vediamo che cosa sale e scende nelle graduatorie, speriamo mi chiamino per qualche giorno. Probabilmente mi chiameranno quando la solita aviaria avrà iniziato a bussare all'uscio.
Per la prima volta nella mia vita prendo in seria considerazione l'idea di mangiare meno. Gonfia come un pesce morto, piango calde lacrime coccodrillesche sugli strudel con panna, le parmigiane, le cicerchiate che vorrei mettere in cantiere. Ipocrita. vale a dire, teatrale, come sempre.
Ultimo trip sviluppato: la lirica. Dopo la recente visione di "Ecce Bombo" e "Signore e Signori", splendidi esempi di cinema italiano, "E Lucevan le Stelle" suona come una matta sull'Ipod.
Vuoi vedere che tra un pochetto mi faccio l'abbonamento all'Arena di Verona e mi gusto di tutto e di più?
Libri letti: i solito trenta-quaranta, tutti insieme, fuori controllo. Il più amato non è stato l'Elizabeth Strout d'ordinanza ma l'eccelso "Open", autobiografia di Agassi. Di Agassi mi sono in pratica innamorata, vado a vedermi le partite su Youtube e lo adoro alla follia. Il libro l'ha scritto uno con i contrococchi ma dentro c'è molta anima e molto sugo. Prendetevelo, lo consiglio caldamente. Ho pianto come un vitello.
La morale delle vacanze? Abbronzatura inesistente che sbiadisce comunque e lavatrici a go go. Insomma, è la metafora della vita.

15 commenti:

Gillipixel ha detto...

L'ho letto, Valeeee :-) Open :-) Bellissimo, non riuscivo a fermarmi :-) citai anche sul mio blog questo passo, per me fenomenale:

«...Ehi! Ma che...? Perry, stai scherzando? La tua mamma guida una Rolls? Sei...ricco?

Immagino di sì.

Perché non me l’hai detto?

Non me l’hai mai chiesto.

Per me questa è la definizione di ricco: non ti passa per la testa di dirlo al tuo migliore amico. E il denaro è una cosa così scontata che non ti curi di come l'ottieni. Perry, tuttavia, è più che ricco. E' superricco. E' Paperon de' Paperoni. Suo padre, socio anziano di un importante studio legale, possiede una stazione televisiva locale. Vende aria, dice Perry. Immagina. Vendere aria. Quando puoi vendere aria è segno che sei arrivato...».

Tra l'altro, non ricorda qualcuno delle nostre parti? Anche se adesso il nome non mi viene... :-D

Però, avrai notato alla fine del libro, quella noticina di ringraziamenti, dove dice che in realtà non lo ha scritto lui, ma è stato ampiamente aiutato :-) questo non toglie nulla alla bellezza del libro, però, così... :-)

La lirica non è male (...se mi sente qualche esperto, ad uscirmene con questa chicca critica, mi lincia come un calzino rivoltato :-) nella Tosca, però a "E lucevan le stelle" preferisco "Recondita armonia" :-)

Il mio problema con la lirica è che mi muovo a botta di romanze :-) non riesco molto ad apprezzare un'opera itera, è un formato forse troppo desueto per la nostra sensibilità moderna dettata da video-clip e bit per ogni gusto...

Mah...:-) Bentornata a casa, Vale :-) Cosa ti ha detto la Baigigia al tuo rientro? :-)

Vanessa Valentine ha detto...

Ah, Gilli, è davvero un grande libro...l'amicizia di Agassi con Perry, partita in sordina, è una meraviglia...mi piace il modo che lui ha di coinvolgere le persone, nella sua vita...con certuni diventi amico per la vita e non te ne penti mai.:))))))))
Il libro è coinvolgente proprio perché scritto da uno che sa scrivere...Agassi ci ha messo la vita e l'altro il talento...due talenti diversi che si trovano, io lo trovo molto bello, intenso e poetico...lui, magari, non è una persona facile ma indubbiamente è molto onesto nel mettere in luce anche i propri difetti...e poi, con tutti i soldi che ha guadagnato, ha fatto un sacco di bene...è una cosa che mi colpisce sempre molto, nei ricchi, dotati e talentuosi...:)))))
Io credo che le romanze fossero le hit del tempo, comunque...non siamo poi così diversi dagli ottocenteschi-primi novecenteschi...anzi, commuoversi per "E lucevan le stelle" mi fa simpatia, mi sento come un baluardo contro le avversità di un'epoca che spazza via tutto...ok la modernità, ma anche la gente del passato non era proprio una minchiona, diciamolo...qualcosa di bello l'ha pur prodotto:)))))))))chissà, col tempo apprezzerò anche l'intera opera (pure i recitativi...);)))))
Appena son tornata la Bagi ha preteso coccole a profusione, disperata...e miagolava "ma adesso non partir piùùùùùùù"...a proposito di romanze...:))))))))

Visir ha detto...

Beh! La Tosca è sempre un bel vedere e sentire.

L'aria che tu citi è molto struggente e forse ogni donna vorrebbe essere amata con tanta passione dal suo Cavaradossi.
Gli fa da contrappunto in questa opera Pucciniana, le note cantate da Tosca stessa "La mia preghiera ai santi tabernacoli ecc. ecc.".
Ove palesa che nonostante il fervore e le opere pie, le Divinità della nostra misera vita se ne infischiano.
Così per quanti soldi sono stati messi nella cassetta delle offerte, Dio non ha mai parlato a nessuno.

Noto, ahimè, che la frequentazione con gli alunni ha contagiato il tuo scrivere con il virus dello “slang” dei cosiddetti giovani. Addirittura affrancandoti dalle doverose virgolette per espressioni che non sono neanche neologismi.
Tu quoque, non dare la mano a questi pugnalatori della lingua italiana nella loro vile congiura di ridurre ogni espressività al minimo comune denominatore della loro mircocefalica vita.
Tra breve ti troverai a scrivere “che” con la "K" e "robe" così, ma se tu "ci stai dentro" non contare sulla mia solidarietà.

Dopo i doverosi rimbrotti (che meriti) mi permetto di esprimere il mio dissenso sulla biografia di Agassi che è tra l’altro è il libro più venduto attualmente.

E’ la curiosa storia di un tennista, ex campione del mondo, il quale ammette dopo una vita intera spesa a correre dietro ad una pallina gialla per mandarla oltre una rete, usando solo una racchetta che ha sempre odiato il tennis.
Stupore generale.
Poi, si legge che è stato condizionato dal padre che ha costruito con una disciplina disumana la sua storia di campione.
Ora finalmente la rivelazione sulla via di Damasco.
Giù tutti con gli applausi, lacrime, qualche pacca sulla spalla.

Io penso che, se il buon Agassi, più intelligentemente, avesse vissuto la sua vita come voleva da subito ora non raccoglierebbe alcun clamore ed invece è premiato con il consenso.
Al mondo, si sa, non piace la coerenza. Al popolino piace il plateale ravvedimento che salva all’ultimo minuto l’eroe dalle fiamme dell’Inferno.
Una posizione comoda direi, in cui penso tutti vorrebbero sdraiarsi per salvarsi dalla responsabilità delle azioni meschine che compiono ogni secondo.

Perché dunque una così compiacente identificazione che banalmente definiamo “successo”?
Perché quasi tutti fanno cose e vivono vite che non amano, tutti rincorrono, in un modo o nell’altro, un’ambizione, un trionfo deciso da altri.
Tutti bramano una certezza che possa definirli in qualche modo.
Tutti infine, sperano di avere la forza e l'onestà di buttare tutto alle ortiche un giorno e fare ed essere quello che sono, ma quel giorno non arriverà mai.
Ecco perché vite come Pasteur o Albert Schweitzer a ben vedere alla maggioranza non interessano, sono persone intelligenti, umili, vere che sapevano quello che volevano essere e lo hanno realizzato, a dispetto dei rincrescimenti o dell’approvazione degli altri.
E’ più comodo per la massa invece buttare via la propria vita con esistenze patetiche (come spendere la maggior parte del proprio tempo correndo dietro ad una pallina da tennis) riservandosi la speranza (perché in ogni caso percepiscono il loro fallimento) che in un rigurgito di dignità potranno cambiare in quello che sono, poco prima di morire.

Quindi se proprio vuoi commuoverti non farlo per Agassi.
Se vogliamo versare qualche lacrima ci basta la nostra vita per questo.


Vanessa Valentine ha detto...

Ohibò, torna il Visir storico, l'allegro zuzzurellone che ne ha una per tutte, si parli di politica, economia, femminismo, filosofia, sociologia, calcio, trippa e affini.
Visir sa tutto al dettaglio e in profondità, è uno di quei signori che al bar dissertano sull'esistenza e le sue amarezze, mai con il sorriso ma solo con il trinciapalle in mano.
Stavolta non gli va lo stile di scrittura e se la prende pure col tennis del quale, immagino, è un fine intenditore (benché lo definisca "correre dietro ad una pallina"; non me ne intendo nemmeno io ma le regole del gioco mi sembrano decisamente più complesse). Che non gli vadano a genio gli incassi milionari di Agassi? Ci può stare. Io, personalmente, stimo il talento dei miei simili e li ammiro se sono bravi. Se fanno i soldi e pagano le tasse, buon per loro.
Pensate, mi cimento pure nella lettura di libri che Visir mi sconsiglia caldamente, dopo la sua profonda disamina della seconda e della quarta di copertina.
Se si fosse preso la briga di leggere tutto il libro avrebbe scoperto che Agassi ha messo in piedi una scuola per ragazzi disagiati, giocando a tennis in giro per il mondo e facendo marchette per finanziarla. Ora, non faccio parte dell'entourage agassiano e non piglio un franco per la reclame, riporto solo quello che è oggettivamente scritto nel libro. Poi, tutti liberi di continuare a trovare Agassi insopportabile, fasullo, e il libro scamuffo, noioso, malscritto, indigeribile.
Vedi, Visir, la critica nella vita e sulle cose va sempre bene, purché si discuta della vita e delle cose...con te non si discute perché giri in tondo, e male, con paroloni vuotuzzi alquanto, sempre gli stessi. La scatola non è male ma è vuota.
Vuoi solo l'attenzione dei tuoi simili, al solito. E ne parli pure male!
Mah. Ahò, nun te capisco.
La Rodotà ti direbbe: urge terapia.
Se vuoi piangere sulla tua vita, accomodati. Direi che ne hai ben donde.

Visir ha detto...

Non sapevo di sapere, addirittura tutto poi mi pare esagerato, pure per me.
In ogni caso esprimo opinioni che, apprendo con stupore, valgono meno delle tue.
Ohibò! Come mai?
Forse non mi piace il senso comune della maggioranza ma visto come gira questo mondo qualche motivo ne ho ben donde (come dici tu).

Sulla insostanzialità di quanto si esprime (uso il plurale) sono perfettamente d'accordo con te. Diciamo tutti e sempre un mare di stupidate, ma se sono argute, senza eccessive cose fuori luogo, allora almeno donano un po' di piacere. Non pretendo altro per il mio tempo dedicato alla lettura e ad ascoltare.

Io suono la mia musica, ma se una nota è stonata resta stonata, e io lo dico.
Altrimenti a pie di pagina dei tuoi post ci sarebbe scritto “applausi” e non “commenti”.

Perdonami se non discetto di gatti, muffin e gite in campagna.
Mi rendo conto che sposto il tuo panorama magari verso un’ombra che tu non vuoi considerare, in ogni caso le obiezioni che ho sollevato alla sintassi del tuo post e al libro del “dolce Agassi” che tu citi sono corrette, motivate e andrebbero contestate, semmai, su un piano intellettuale e non personale come invece puerilmente ti ostini a fare, ogni volta che non sono d’accordo con te.
Se sbaglio dunque dimostramelo, sarò felice di imparare da te, altrimenti umilmente cerca di riflettere su punti di vista che non sono come i tuoi.

Un ultimo pensiero; Agassi si è arricchito con la sponsorizzazione di marchi che sfruttano o hanno sfruttato le minoranze minorili in paesi del terzo mondo. Milioni di bimbi hanno lavorato per anni in condizioni disumane e se metti il male fatto arricchendosi anche solo promuovendo questo criminale sfruttamento con il tentativo (sbandierato) di ripulirsi la coscienza con una scuola per disabili mi pare insignificante.
Prima getti una bomba a mano e poi vuoi aiutare con un cerotto?
Questa sembra la filosofia che è apprezzata dalla maggioranza e anche da te.
Una filosofia che legge solo l’ultima riga della storia e a volte nemmeno quella, fermandosi a guardare solo le fotografie.
Concludo, visto che mi pare ormai ovvio che non sono ben accetto e non romperò ulteriormente questo amabile clima di sala da tè e biscottini, con una citazione dal Corano per commento alle pretese “buoniste” di Agassi e di tutti quelli del carrozzone dell'ipocrisia cui pare tu tenga in gran considerazione.

"Il bene fatto e non visto dagli altri, Dio lo apprezza tre volte".

Saluti, baci & Felicità.

Gillipixel ha detto...

Come dicevo già nel precedente commento, anch’io ho letto “Open” di Agassi e l’ho trovato un libro assolutamente degno di essere letto con soddisfazione. Si potrebbero indagare mille motivazioni, per rendere conto dell’elevato livello d’interesse che mi pare di poter attribuire a questo tennistico libello  Tutte le motivazioni sarebbero ampiamente opinabili, forse talune più forti e convincenti, forse altre molto più labili ed inconsistenti, e così via…

Mi limiterei allora a due motivazioni principali, perché mi sembrano le più incontrovertibili che mi possano venire in mente (fermo restando il fatto che pure esse non sono per nulla incontrovertibili, come tutti i punti di vista umani..)…

La prima motivazione è questa: la lettura di “Open” ti tiene attaccato come una ventosa narrativa  ricordo che nel periodo impiegato per leggerlo, ogni momento libero non volevo dedicarlo ad altro che alla lettura di quelle pagine…questo per me è già un buonissimo pregio per un libro…certo, non lo metterei fra le condizioni “sufficienti”, ma in quelle “necessarie” ci fa sicuramente la sua porca figura …va aggiunto che la condizione di “calamita narrativa” attribuibile ad un libro, dipende molto anche dalla qualità del lettore: può darsi che io sia un lettore facilone e agevolmente abbindolabile  ma purtroppo riguardo a ciò non saprei esprimere una valutazione obiettiva, per l’ovvio ed insanabile conflitto d’interessi insito nella fattispecie 

La seconda motivazione è questa: “Open” è un libro “onesto”, e chiarisco cosa intendo con la parola “onesto”…è onesto nel senso che non fa né più né meno di quello che si è prefisso come libro: racconta una storia incredibilmente avvincente, e lo fa con mezzi narrativi egregi, con una capacità di avvincere il lettore fuori dal comune…non mi pare che nel libro ci fossero pretese moraleggianti, pedagogiche, insegnamenti di vita o simili, e se anche ci fossero state, le lascio tutte volentieri dove sono…per me quel che conta è che si tratta di una bellissima storia, raccontata in modo notevole…

Detto questo, Agassi non mi ha mai entusiasmato particolarmente come figura pubblica e come sportivo e, anche se potrà sembrare strano, continua non entusiasmarmi nemmeno dopo la lettura della sua autobiografia (i miei beniamini tennistici, all’epoca della grande infatuazione tennistica adolescenziale, erano altri: John Mcenroe, Bjorn Borg, Arthur Ashe, Vitas Gerulaitis)…questo non toglie però che “Open”, come dicevo, sia una bellissima storia, raccontata in modo notevole…

Semmai, questa storia mi ha fatto riflettere in modo ancor più approfondito nei riguardi della spietatezza del modello di vita americano…le mille insanabili contraddizioni di quel contesto sociale che mi sembra sempre più assurdo ed insensato, nella sua esaltazione spasmodica di un senso della “competizione” che non può finire altro che far rima con “esasperazione”…mi ha fatto pensare al paradosso di quella nazione che mi sembra sempre più “fabbrica di infelicità”, pur annoverando (beffardamente?) fra i primari diritti sanciti dalla propria Costituzione, proprio la felicità stessa…

Ma poi, altrettanto paradossalmente, mi fa pensare anche al realismo senza sconti contenuto nelle parole di Niccolò Machiavelli, quando diceva che l’uomo è inevitabilmente un “produttore d’inquietudine”, per sua intima ed imprescindibile natura…l’umo ce lo ha dentro questo rovello che lo fa brigare, trafficare, tendere sempre a qualcosa di più, in una parola “competere”…per cui avrebbe forse un senso tentare di rendere più umana la competizione fra gli uomini? Se la competizione stessa è un tratto consustanziale alla loro umanità, come si esce dal circolo vizioso? Si può rendere più umanità, sottraendola al contempo? Allora non è più nemmeno quesitone di americano o non-americano? Tra l’altro il padre di Agassi era iraniano…

Gillipixel ha detto...

Altre osservazioni interessanti, di carattere più generale, si potrebbero introdurre riguardo alla questione delle autobiografie: le cose che Agassi racconta sono vere fino in fondo? Sono parzialmente romanzate, ingigantite, mitologizzate?…bah…chi lo può sapere? E forse forse, non ci deve nemmeno interessare più di tanto…

C’è un bellissimo libro, “Il codice dell’anima” di James Hillman, che al capitolo VIII, intitolato “Sotto mentite spoglie”, si occupa di questo interessante aspetto. Riporto solo alcuni passi suggestivi:

«…”Più divento vecchio”, pare abbia detto Mark Twain “più vividamente ricordo cose che non sono avvenute”. Ma omissioni o pseudoricordi possono aversi a qualunque età. Sembrano far parte del genere autobiografico; anzi, ne sono forse un elemento necessario. Si nota infatti un curioso bisogno di falsificare, di travestire e a volte di disfare la trama della propria vita…».

Hillman riporta l’esempio di vari personaggi famosi, i quali avevano il vezzo di inserire nelle proprie autobiografie (soprattutto riguardo ai periodi della giovinezza) elementi mai accaduti, seppur non del tutto gratuiti…erano ad ogni modo integrazioni che, percorrendo le vie misteriose di una auto-ricostruzione (o auto-ricognizione) dell’essenza individuale (che Hillman chiama in questo caso “ghianda”, o più in generale “daimon”), s’intonavano in qualche modo alla mitologizzazione del sé che si era andata creando di pari passo con la vita pubblica di questi personaggi…un misto tra dato reale ed aspettative, sia da parte del personaggio stesso, sia da parte del suo pubblico…come nel caso di Henry Kissinger:

«…La doppiezza non è di Kissinger, ma dell’autobiografia in quanto tale, perché i suoi due elementi – “auto” e “bio” – rappresentano due racconti distinti, quello della ghianda e quello della vita. E potrebbe essere implicito anche un terzo soggetto: la scrittura, “grafia”. Anche la scrittura è un’arte teatrale. Da qualche parte c’è il pubblico, se non sempre nella testa dello scrittore, ameno negli occhi dell’editore…».

Gillipixel ha detto...
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Gillipixel ha detto...

Ancora:

«…Il fenomeno della fabulazione è presente anche nei bambini normali, tant’è vero che i minori sono non considerati testimoni attendibili nei processi. Tutti questi fenomeni appartengono a una zona crepuscolare della psiche dove due mondi collidono: il mondo dei fatti e il mondo delle favole […] Nei personaggi che abbiamo scelto come esempi con le loro storie inverosimili, è chiaro che la favola vuole avere la meglio; è come se quelle invenzioni cercassero di dirci: “Io non sono i tuoi beneamati dati di fatto. Non permetterò che la mia stranezza, il mio mistero, siano inseriti in un mondo di fatti. Devo inventare su chi son io un’illusione che sia più vera delle cosiddette realtà sociali e ambientali. Oltretutto, io non dico bugie, non invento niente: la fabulazione è un fenomeno spontaneo. Non mi si può accusare di mentire, perché le storie che mi vengono fuori su me stesso non sono propriamente verbo mio…».

Il limite fra vero e verosimile si fa molto labili, nel nome di esigenze ben più profonde:

«…Per proteggere il “daimon” [la nostra essenza di individui], dobbiamo proteggere la storia in cui esso può vivere, altrimenti c’è il rischio che prenda alla lettera la propria invisibilità e si chiuda nel silenzio e vada via, per paura di essere ridotto alla mediocrità. Se ci irritano le fabulazioni su infanzia e adolescenza, è perché ci manca questo tipo di immaginazione che cerca il minuscolo chicco. Falsificazioni e vanterie non sono mere coperture, fantasticherie, mitomania. Dicono della paura di una perdita, la paura di essere colonizzati, ridotti in schiavitù da un sistema normalizzatore, il quale, catturando la nostra anima nella biografia, potrebbe rivelarsi troppo forte e portarcela via. Naturale che il biografo debba spiare e curiosare, dal momento che oggetto della ricerca è l’invisibile; ma esso è invisibile non a causa del mio occultamento, bensì per la natura archetipica del chicco stesso. “La natura ama nascondersi” ha detto Eraclito. La ghianda della natura umana fa lo stesso. Si nasconde dappertutto in mezzo al visibile, manifestandosi nei travestimenti stessi sotto cui si cela. Frugando tra i travestimenti, il biografo arriva all’invisibile, ma solo se l’occhio che cerca è fisso su di esso, solo se nel suo lavoro mette lo stesso amore che ha la natura per l’occultamento. Forse, per vedere il genio, occorre del genio…».

E per chiudere in bellezza  una frase di Maurice Merleau-Ponty, citata sempre da Hillman:

«…Il significato è invisibile, ma l’invisibile non è in contraddizione col visibile: del resto, il visibile ha una struttura interna invisibile e l’in-visibile è l’equivalente segreto del visibile…».

Forse in virtù di queste, e magari di tante altre motivazioni, in quanto “auto”-“bio”-“grafia” ben fatta, “Open” rimane, a mio modesto parere, un libro affascinante…

Vanessa Valentine ha detto...

Per carità, Visir, lungi da noi ostracizzarti da questo nostro mondo fatto di gatti, muffin e gite in campagna...è un mondo talmente scemo e piacevole! Altrimenti non si spiegherebbero le tue frequenti scampagnate. Forse forse che sotto sotto non piace anche a te l'umana mollezza, le cosine rosee e sciocchine, il cicaleccio, la pigrissia e la gente che ti legge e apprezza?
Non si capisce chi ti abbia eletto Nostro Signore della Verità, quello che argomenta sui libri e non li legge (ammetto che questa è la parte che mi fa incazzare, su tutto il tuo atteggiamento da stilita musone chiudevo un occhio ma di questi tempi, capirai, con la gente che non legge...), parli del libro di Agassi e te la prendi con lui, ma noi non discutevamo della moralità della Nike (detto tra noi, tu, sportivo, boicotti le loro scarpette fighe o te le compri e te le godi come tanti, sbattendotene dei bambini che le cuciono? Così, tanto per sapere...siam tutti capaci di indignarci a fava ma poi, concretamente...)
Del mio stile puoi dire quel che vuoi, non ho mai avuto la speranza di essere la reincarnazione in tailleur di Joyce. Scrivo quel che mi viene in mente, bene o male, non correggo e scrivo di getto. Quel che esce, maieuticamente, esce. Sono sempre fiera dei miei parti.
Il problema dunque è Agassi? Ah, tra l'altro, prima di giudicare, davvero, leggiti tutto il libro. I ragazzi non sono disabili, sono "problematici". Cosa che vale anche per gli adulti, ovvio.
Noi siam ben contenti di condividere idee e dialoghi, meno i monologhi ombelicali.
Vedi tu.

Vanessa Valentine ha detto...

Gilli, il tuo approccio ai libri è come il mio: qualcosa "di pelle", istintivo, animale, un misto tra la bellezza dell'intelletto umano, raffinato, studioso, verbale e l'odoroso mondo animale, fatto di peli ritti sulla schiena, suoni, vibrazioni. Il lettore "buono" è metà e metà, secondo me. "Open" è qualcosa che ti fa friccicare le dita, ti sbatte sulla poltrona o sul divano, ti serra in una morsa. Lettura come passione, compassione. Detto da una che di tennis ne sa quanto di archeologia o fisica quantistica.
Tu proponi, suggerisci, offri idee e fantasie: attui la forma più alta del sentire umano, attività che oggi è derelitta, sbeffeggiata, considerata inutile. Tu sei un "quiet", come me. Ti piace leggere, seguendo l'istinto, la suggestione, l'estro del momento.
Grazie per la segnalazione del libro di Hillman, non lo conosco ma me lo vado a cercare. Direi che la curiositas è questa: non avere confini né idee preconcette. Il quieto curioso indaga la vita, ozia nei vicoli, passeggia lungo il mare. Non ha deciso a priori che la vita fa senso ma cerca di salvare il salvabile, consapevole che l'umanità è difficile, difficile. Altrimenti io e te avremmo poco da leggere, se l'umanità fosse tutta paciosa e ridanciana. Il dolore tira fuori da noi i diamanti, come un minatore ostinato e destinato a crepar giovane.
La vita è tutta fatta di incertezze, dolori, sbandamenti e piccole felicità: la letteratura ci rende il tutto sopportabile, fino alla fine.:)))

Visir ha detto...

Le tue obiezioni Vivì, sono capziose.
Non è la stessa cosa indossare un paio di scarpe di un marchio che adotta politiche commerciali scorrette (pagandolo con i propri soldi guadagnati onestamente) e arricchirsi a dismisura sponsorizzandolo.
Se non ne comprendi la differenza non trovo altre parole per spiegartelo.

E' banale la tua affermazione che se un libro non si legge sino all'ultima pagina non è possibile darne un giudizio.
Non serve bere una botte intera di vino per sapere se è buono.

La differenza poi che tu rimarchi fra "problematici" e "disabili" è solo una questione di punti di vista. Perchè ogni problema comportamentale comporta una disabilià, fosse anche solo emotiva o affettiva.

In ogni caso non discutevo sulla forma con cui era stata scritta questa biografia, probabilmente realizzata da un oscuro "ghost writer" in stato di grazia.
Semplicemente non trovo interesse in vite come quelle di Agassi né di altri "cialtroni famosi".
Ho altri punti di riferimento.

Riflettevo inoltre sul successo di questo libro, dei molti che lo applaudivano e si fermavano all'apparenza delle pagine avvincenti e gli sfuggiva una più profonda visione che invece presenta una vita spesa solo a celebrare se stessa.

Le cose importanti, cari amici, non sono vincere un "Open" di tennis..
A voi piace? A me no.
Scusate se urto la superficialità di chi mi legge, ma per me la vita è fatta di altro.

La lettura di storie di esistenze di uomini così, cioè immersi nell'illusorio mondo della vanità e delle ambizioni, che non hanno altro scopo che il culto della propria personalità, hanno per me un solo merito: ci insegnano dove sbagliamo.

Mi permetto così di concludere e senza voler offendere nessuno smetto di scrivere su questo argomento, perché trovo stupido da parte mia ostinarmi a spiegare tre volte lo stesso concetto senza comunque essere capito o essere, nel migliore dei casi, frainteso.

Cordialità :)

Vanessa Valentine ha detto...

A te piace essere frainteso, Visì. Bene o male purché se ne parli.
Tra comprare le scarpe fatte dai bimbi sfruttati ed essere pagato dalla multinazionale che lo fa non vedo nessuna differenza, bisogna cazziare la multinazionale. Tu, consumatore, svegliati. leggi, informati e non cianciare a vanvera. Puoi scegliere di essere virtuoso e fare un minimo di bene anziché star lì a dire che tutto fa schifo e non fare una mazza.
Uomini che hanno il culto della propria personalità? Ovvero tennisti, motociclisti, direttori d'orchestra, scrittori, attrici, ballerine, chef...insomma gente che ha talento? E ce lo mostra?
Tu disprezzali pure, liberissimo. Preferisco un bravo intemperante ad un noioso che non sa fare nulla.
Ed ha comunque il culto della personalità.
Tu il libro non l'hai nemmeno preso in mano. Non è questione di libertà di letture, bellezze libresche e menate varie. Sei un esperto di tuttologia cialtrona, in buona compagnia in questo paese.

Visir ha detto...

Da buon "tuttologo cialtrone" come mi definisci senza conoscermi, ti lascio dunque in compagnia dei tuoi pregiudizi e di te stessa. Non ho proprio idea cosa sia peggio.
Stammi bene :)

Vanessa Valentine ha detto...

Ma noi ti conosciamo, Visì! Ti conosciamo pure troppo!!
L'unico che non si conosce abbastanza sei tu, mi sa: gnothi seauton (e pure scrivo sbagliando, pensa te...mannaggia al classico e a chi me l'ha fatto fare...)
Arrivedoci!