venerdì 4 luglio 2014

Contro la genetica ragion non vale

Quando sono riuscita a liberarmi di tutti i giornali ammucchiati dietro alla porta, accanto alla pila di mutande e asciugamani da piegare, lo ammetto, ho sentito un brivido di potere. Per un breve, dionisiaco attimo ho percepito la mia volontà, la possibilità di riuscire  sconfiggere il mio accumulo compulsivo, quella mania che mi spinge a non buttare niente, a mettere tutto da parte, in pile ordinate, libri che non leggerò mai, vestiti che non indosserò più, documenti che dimenticherò di presentare in tempo (al commercialista, tanto per dirne una), pizzini su pizzini di ricette che non cucinerò mai, gente che non chiamerò mai, cd che non ascolterò mai. Però.
Solo a saperli lì, sul comò Ikea rosso, in ordinate pericolanti colonne, ebbene, mi sento bene. 
Il mio caso di accumulo compulsivo non è ancora così grave se ogni tanto riesco a buttare via qualcosa, se porto cose da mia madre, incremento la sua di sindrome da accumulo, lei che ha armadi di cose altrui oltre alle sue e quando mette in ordine si limita a spostare cose di cui, forse, un giorno, avrà bisogno.
Mio padre, tesoro, fa pile di libri e giornali come me. Sul tavolo del salotto, ordinati, sul centro di pizzo che mia madre ha diligentemente posto nel mezzo, sotto al vaso di vetro con i fiori di stoffa dentro (rose blu, belle, eterne), tutto disposto ortogonalmente (ognuno di noi in famiglia ha la sua fissa, è commovente vedere come la geometria metta fuori la testina in mezzo al nostro casino).
Del resto, hanno ragione. A casa loro fanno quel che gli pare. 
Io qui sono, diciamo, stimolata a mantenere la parvenza dell'ordine, in realtà potrei camminare agevolmente sulle cose e vivere benone uguale, ma mi adatto, mi sembra ragionevole. Da tempo ho compreso di non essere un'umana del tutto in bolla.
Tra i fogli volanti di Repubblica messi religiosamente da parte in attesa di tempi migliori e di letture quiete e postprandiali ho rinvenuto l'articolo che citava la capacità creatrice del disordine. Bingo.
L'avevo messa da parte ovviamente sedotta dalla capacità speculare di rimandarmi un'immagine che mi si confaceva: la disordinata perdigiorno che in realtà nel casino trovava non solo le idee migliori e le intuizioni le più geniali ma financo soluzioni che ad altri mortali, i precisini con le scrivanie sgombre e le stanze in ordine non sarebbero mai venute in mente né in questa vita né nelle successive.
Beh.
Vi lascio immaginare il gaudio dello spippolamento dell'articolo (al momento, chiaro, nebulosamente affiorante). I soliti neuroscienziati bla bla dell'università bla bla vattelapesca hanno scoperto che la gente come me, ovvero quelli che sul tavolino accanto al divano hanno, nel disordine: libri iniziati e mai finiti ma che potremmo anche finire nel pomeriggio; smalti di vari colori; limetta, pinzette, portafogli giapponesi col gattino che saluta dono di amici che sono stati effettivamente in Giappone; tre quattro flaconi di creme di varie ere ma ancora profumose; cambio, sul divano: riviste ammucchiate in attesa di staccare gli articoli che andranno a costituire nuovi post del presente blog; pila di vestiti da piegare; una Bagigia dormiente con un occhio aperto e uno chiuso; libri che etc etc, pacchetto di biscotti/patatine in grado di corroborare il corpo fiaccato da tanta attività intellettuale, cartelline varie con documenti che dovevo rivedere/presentare/eliminare tempo fa e adesso non mi ricordo.
Ah, sì, dimenticavo: sul tappeto, i giornali e i libri e i sandali nuovi che ho preso in saldo stamattina, che bellini...dicevo, gli scienziati (gente precisa, mica come me, sennò mica pubblicavano e vincevano i Nobel e diventavano famosi, che credete) hanno ipotizzato che i tipi come me, quelli che lasciano i bicchieri di vino rosso sopra ai libri e poi resta il cerchietto, quelli che si stravaccano nel casotto e bivaccano nella vita, beh, questa gente qui, curiosamente, in qualche modo, ha delle idee. Bello sforzo, direte, le idee vengono anche alle formiche, alle api, alle piante. Magari non a mucchi però arrivano. Eh, no, signori miei, qui si parla di intuizioni brillanti, di connessioni neuronali di elevatissima qualità, di quel uno più uno divino che ha creato (cito testuale) la penicillina, scoperta da Fleming grazie ad un piatto SPORCO. E qui si capisce che se Fleming fosse stato un tipo pulitino che lavava con lo Svelto le stoviglie ogni dieci minuti noi staremmo ancora qui a crepare come le mosche per un taglietto nel dito.
Cose diverse, strane, blitz, creano quel lampo neuronale che ti crea l'evento, l'idea, l'intuizione magica, il quadro, il romanzo, l'amore, la ricetta, la canzone. Quella misteriosa alchimia che fa di noi la specie più carina e più letale, più creativa e più carogna.
E allora, thank you, God, che hai creato il chaos spalancato in mezzo a tutto l'abbacinante cosmos, il buio nella luce o viceversa, il bianco e il nero, il tao intrecciato, la via che è un sentiero pieno di sentieri e quindi meritevole di camminarci sopra, di perdersi in una miriade di vie e di radure e di piazzole di sosta, perché la vita è anche pausa, attesa e un non so dove sto andando. Anzi, il più delle volte è proprio un autogrill pieno di gente e panini e sole.
L'idea dei disordinati è proprio questa: immersi nel nostro vivere fino al ginocchio, disperati, tentiamo un ironico senso, un argine precario, sabbioso, una diga franante e ridente. Falliamo e sorridiamo, cosa possiamo farci, siamo fatti così. Nel casotto rinveniamo noi stessi, autentici, come conchiglie luccicanti d'acqua, prima che il sole ci sbianchi e ci consumi. Prima che ci trovi, come fa sempre.
Il disordine ci nasconde.
Per questo lo adoriamo.

2 commenti:

Gillipixel ha detto...

Bellissima ode al caos, Vale :-) non c'è bisogno quasi che te lo dica :-) ma in molte cose che racconti, mi ci sono rivisto in pieno...però, cerco di alternare la mia naturale propensione alla confusione vitale, con periodi di più rigoroso riordinamento ambientale :-) per il mio modo di sentire, altalenare da un atteggiamento all'altro è un buon compromesso...ogni tanto, un buon reset in stile zen minimalista, aiuta a dare una rigovernata generale all'animo...forse è per questo che amiamo il casino, perché poi porta anche i momenti di ordine :-)

Ho sentito parlare qualche tempo fa di una storia incredibile, in proposito...non so se conosci la vicenda...forse ne avevamo già questionato insieme? :-) Non ricordo...ad ogni modo, viene dagli Stati Uniti, tanto per cambiare (da un po' di tempo cerco di dire Stati Uniti e non America...e chi sono loro per arrogarsi l'esclusiva di questo nome? Forse che i colombiani o gli argentini non sono americani? :-)...ma sto divagando...dicevo di questa storia, la puoi trovare riassunta qui:

http://it.wikipedia.org/wiki/Fratelli_Collyer

Questi due fratelli qui sì che erano degli accumulatori :-) l'articolo dice che alla fine, la polizia sgomberò dalla loro casa 103 tonnellate di roba :-) alla faccia!!! :-)...dice anche che Edgar Doctorow ci ha scritto un libro, su questa storia

http://www.ibs.it/code/9788804601333/doctorow-edgar-l-/homer-langley.html

Un altro volume da andare ad aggiungere sopra la pila? :-)

Fortissima l'immagine della Bagigia che sbuca sorniona nel caos creativo valentiniano :-) quella super pellicciata è sempre impagabile nelle sue performance zen :-)

Vanessa Valentine ha detto...

Gilli, sono andata a spulciare la storia dei fratelli Collyer, di cui sinceramente non sapevo nulla (grazie per la dritta!;) ). Che storia! E che famiglia!! Davvero perfetta per un romanzo...le foto della casa e della polizia persa in mezzo a tutta la monnezza sono davvero impressionanti...l'accumulo compulsivo è davvero una patologia che colpisce (io ne parlo con leggerezza, sbagliando, ovviamente. Spero che là fuori qualcuno non se la prenda eccessivamente...ripeto, dovreste vedere il garage di mia madre. Io sono condannata, capite).
In realtà o sei una cosa o sei un'altra...sempre in mezzo stai e non sbaglierai, etc etc.
L'ordine eccessivo è patologico, il casino eccessivo pure.
A mio modesto avviso è perfetto quel disordine birichino dato da libri che uno legge, il bicchiere di vino mezzo pieno, la rivista buttata per terra...in fin dei conti in una casa ci vivi, non è un'asettica stanza d'albergo. Una casa ha la tua impronta, la tua personalità. Se uno entra e non ricava nessuna impressione...beh, la tua personalità è pallidina.
E poi hai ragione, una bella botta d'ordine zen...ma chi sto prendendo in giro...:)))) non ce la farò mai!:)))))))))))