lunedì 1 dicembre 2014

Bagigia e i film di Mike Leigh che è costretta a sorbirsi

Scandaloso, ho dimenticato la mia creatura di lettere e computer su di un panchina, a piangere tutta sola.
Madre degenere.
Troppo presa da non so nemmeno io cosa, la vita, probabilmente, la spesa, la pagnotta, gli storni là fuori, pronti a migrare.
Beh, ad ogni modo, eccomi.
Da un po' ci pensavo, mi dicevo, massì, devo parlare di questo bel film, l'ho visto due settimane fa su Laeffe, mi ricordo, era un lunedì e io ho pianto tanto, ma taaaanto, che poi mi son dovuta ingollare un'aspirina di quelle alla Cocacola, buone, per abbassare la pressione delle venette nel cranio.
"Another year" è un film di Mike Leigh, l'avrò visto tre o quattro volte, ogni volta che lo passano in tv me lo rivedo. Di gusto.
Di Mike Leigh ho visto e rivisto anche "Segreti e Bugie", anche lì un pianto infinito, singhiozzoni e catarsi finale che levati. Questo mi mette in una disposizione d'animo mista, un filo mi fa anche incazzare, con certi personaggi che scuoterei come l'albero delle amarene che aveva mia nonna, speravo così che venissero giù tutte insieme e prima...dicendo, ma bastaaaaa, cambia, non lo vedi che hai rotto l'anima a tutti, cos'hai che non va? La domanda che più spesso rivolgiamo agli altri (oddio, io la rivolgo agli altri, quando i miei tentativi di smontare le persone tipo giochino di legno per riaggiustarle e vederle felici sono, al solito, andati a farsi benedire. Sospirando li osservo e penso che è meglio avere a che fare con cani e gatti, semplici e risoluti. Ho un po' questa sindrome del Padreterno, lo ammetto).
Comunque, nel film ci sono Tom e Gerri (già buffo), lui è un geologo e lei una psicologa tipo dell'Asl inglese, sono di quella mezz'età che già trascolora nella terza, benestanti, lefty ed ecologisti (coltivano un orto fuori Londra, li vediamo zappare con ammirevole costanza sotto ogni sole, vento e piova britannici che Dio manda in terra. Con annesso riposo e tè ritemprante). Stanno insieme da una vita e hanno un figlio, avvocato patrocinatore di gente con tante grane e poco grano, un idealista della malora, diciamo. Vorrebbero i nipotini ma lui nicchia. E vabbè, la vita è la sua.
Nel loro entourage ci sono l'amica Mary, bionda divorziata e un po' intronata che fa strage di luoghi comuni sulle bionde divorziate di mezz'età, ancora carina ma rognosa di carattere, dolce e tenera e bisognosa d'amore. E l'amico Ken, altro cuore pymiano infranto, dedito all'alcol (e chi può in cuor suo, sinceramente, biasimarlo), attratto da Mary la quale non se lo fila ma davvero zero virgola zero.
Nell'arco di un anno, un altro, come dice il titolo, vediamo i piccoli avvenimenti nella vita di un gruppo di persone. Dove sta la magia? Nel fatto che noi li stiamo a guardare e a sentire per un'ora e mezza con le lacrime agli occhi e il cuore in pappa pensando, madonna ma sono io, ma no, non devi fare così, perché non cambi, perché tanto dolore? Vediamo le dinamiche relazionali sbagliate delle persone ma infine siamo come Gerri (discretamente impotente) la quale è destinata a fallire davanti ad una folgorante Imelda Staunton che, casalinga dalle labbra serrate, colma di astio/dolore/avversione verso la vita, non ascolta nemmeno i tentativi della psicologa per parlare o aprirsi ma chiede solo un sonnifero, un anticipo di oblio eterno, un'uscita di sicurezza dalla vita, nemica, sempre. Occhi rabbiosi, pozzi scuri e codardi, incredibile come un'attrice riesca a mettere tanta sofferenza in dieci minuti di inquadratura.
Gerri è una specie di Dea Madre sorniona e razionale, fende la vita con la sua stazza generosa e la sua andatura da papera placida, bellissima (secondo Tom, marito innamoratissimo), pronta a scavare negli abissi che tutti teniamo ben celati, senza renderci conto di quanto siamo trasparenti, malgrado tutti gli sforzi. Un porto sicuro, un attracco generoso. Tom, lo yang, è il geologo che scava il suolo di Londra, amandolo, pronto a vederlo violentato per nuove costruzioni, consapevole che, anno dopo anno, la vita continua, senza che nulla si fermi mai. Ironico, delizioso, smaliziato, amabile. Con quel lato degli uomini che adoro, prendere la vita come viene, perché altro non si può fare. Consapevole che gli idealismi della gioventù invecchiano, diventano geologi dallo sguardo dolente, a volte, di fronte a quella gran zoccolona traditrice che è l'esistenza.
E così scopriamo che Mary ha una cotta per il loro figliolo, pur essendo più matura, lui accetta con garbo ed educazione la corte e lei si illude, per il desiderio di entrare definitivamente a far parte della famiglia ( e non solo per crollare svenuta nella camera degli ospiti dopo una serata alcolica, con Tom e Gerri che fanno da genitori loro malgrado). Ma il ragazzo trova la sua Gerri, una dolce ragazza che si dà da fare tantissimo per gli altri (l'altruismo è la chiave di lettura e la soluzione, lampante...prima di avere bisogna dare. Sembra banale ma è il senso della vita).
"Happy-Go-Lucky" diceva più o meno la stessa cosa, era più leggero e la protagonista uno zuccherino. Sì, lo so, le mie recensioni sono un orsetto tocciato nel miele. Il mio ghost writer è Winnie The Pooh...
E così Mary sbrocca e viene allontanata dal paradiso, ripiomba in una Londra che ti frega appena ti giri.
Passano le stagioni, l'inverno freddo e bluastro vede il funerale della cognata di Tom, con suo fratello raggelato e immoto, un nipote rabbiosissimo e assente, gli stessi occhi scuri e cupi della casalinga, con Tom e Gerri a portare pasticci di carne e da bere per la veglia funebre e odio, risentimento e imbarazzo a tappezzare la modesta casetta del quartiere operaio, file tutte uguali di mattoni rossi e finestre bianche.
Con lo smarrimento di chi vuol aiutare, sforzandosi di superare il fossato pieno di coccodrilli.
Nella casa di Tom e Gerri, alla fine, nel cuore di un inverno londinese indifferente, torna a germinare l'affetto, per gli amici persi e ritrovati e forse qualcosa di più, tra Mary e il vedovo..chi lo sa. Leigh suggerisce speranze e le spazza via, ognuno a seconda della propria credulona bontà sceglie il finale che preferisce.
Mary, malgrado sia una rompiscatole svampita ed egocentrica finisce tra le braccia di Gerri (vieni da me, esistono parole più dolci che si possano sentire da un essere umano?) piangendo come una fontana, l'esilio è finito, ho gli occhi ricolmi di pianto che non riesco nemmeno a vedere il televisore, la Bagigia è allarmata, porco mondo, dov'è quell'aspirina maledetta.
A tavola, tra chiacchiere e vino e progetti di viaggio, dove la vita riprende ancora una volta il suo benevolo e distratto potere su di noi, Mary ascolta la conversazione sorridendo solo con gli occhi, mentre il suo viso si fa un po' alla volta sempre più piccolo, più solo. E noi sentiamo solo il silenzio, quello che lei ha dentro, quello che non riesce ad uscire, a scaldarsi.
E se finora pensavate di aver pianto abbastanza, signori, non avete ancora visto niente.
Bagigia protesta, dice che i film di Mike Leigh le arricciano il pelo con l'umidità.

4 commenti:

Cecilia Corona ha detto...

La scienza rassicura: il luccicone giova alla salute. Perché? «Vivere le traversie romantiche o le battaglie storiche, sia pure di celluloide, è come attraversare uno stress emotivo, attivando la risposta fisiologica a quello stress», spiega Rosanna Cerbo direttore del Centro di medicina del dolore del Policlinico universitario Umberto I di Roma. «Dopo il pianto, diminuisce il battito cardiaco, si abbassa la pressione arteriosa. Il che aiuta ad allentare anche la tensione psichica».
Le lacrime in platea hanno poi il potere di sciogliere un nodo psicologico personale, facendoci immedesimare nei protagonisti del plot.
Ciao!!!! :))

Gillipixel ha detto...

L'ho visto anch'io, Valeeee :-) mi è piaciuto molto, una specie di Rohmer in salsa anglo-geriatrica :-) ehehhehe, no scherzo...la straordinarietà del film sta proprio in questa capacità di rendere avvincente (ma forse non è l'aggettivo adatto) l'ordinarietà della vita...come in Rohmer, appunto...

Beh, la tua recensione è formidabile :-) me la sono gustata dalla prima all'ultima sillaba :-)...il finale con la Bagigia in protesta è strepitoso :-D

Oltre alle cose che hai già detto sul film, che in larga parte condivido, io ho avuto anche un'altra impressione (che poi, va beh, alla fine è riassunta anche dalle tue parole)...l'impressione è che il regista abbia voluto dirci che siamo tutti un po' esseri speciali e un po' mostri...che abbiamo dentro i nostri eden di infinita bellezza e i nostri abissi di brutture più o meno vaste...

Nessun personaggio si salva da questa sentenza, almeno per quanto ho potuto percepire io...

Micidiale la frase della rintronatella Mary :-) sul finale, quando, parlando del provatissimo vedovo, dice una cosa del genere: beh, è un tipo simpatico :-) minchia, era più marmoreo dell'altare della Patria!!!! :-) alla faccia della simpatia...

Ecco, questo dettaglio è stato uno fra i tanti che mi ha assestato un vero cazzotto allo stomaco...questo gran raschione imperiale del fondo del barile affettivo...terribile!!!

Personaggio da bastonate è il figlio del vedovo, un condensato di schifezze caratteriali...

Bello invece il personaggio di Gerri, una sorta di gran topolotta Gea Tellus porto affettivo universale :-)

Ottima recensione, Vale :-) convalidata da Bagigia, con la sola eccezione per il fattore umidità :-)

Vanessa Valentine ha detto...

Ciao, Cecilia! Vedo con orrore che da un mese (!) il tuo commento aspetta..chiedo pirdonanza! Posso solo dire che, ancora una volta, la mia pigrizia mi precede..:))))
I film piangiferi sono i miei preferiti..è vero, la catarsi del pianto abbassa la pressione e nel buio della sala ci rende tutti fratelli..a me piace!
Davvero, frigno senza ritegno..:))))
Auguri, anche, almeno per un Capodanno col botto..

Vanessa Valentine ha detto...

I tuoi commenti alle mie pseudorecensioni :))))) son sempre dolci e buffi, Gilli!
Scusa il mio ritardo, ma davvero mi son persa..dovrei anche scrivere ma sono a secco di idee..confido nell'anno nuovo..a posto!:)))))
È vero, Leigh tira fuori gli abissi dalla gente, in un gesto, un'occhiata..che talento..il marmoreo fratello è "simpatico", e lei è dolentissima e sventurata..Rohmer forse riusciva ad essere più asettico, un entomologo dei sentimenti..Leigh è proprio Gerri, regista dei cuori..:)))))
E io frigno!!;)))))