lunedì 9 marzo 2009

Come riciclare le icone sexy degli anni '80

Il sabato ti raggiunge trafelato, e ti spinge ad uscire, per quella cesura rituale fra i giorni "lavorativi" e quelli edonisti ( e perciò ai miei occhi, davvero reali). Perciò ci mettiamo su il faccino elegante da sabato, il vestitino di lanetta verde bosco "buono" che ci fa sembrare più femmine, e andiamo a vedere un film che non dovrebbe piacere più di tanto alle donne, e invece è bello un fracco, "The Wrestler".
Direi che l'essenza del film è tutta nella prima inquadratura di Mickey Rourke, seduto di spalle, dopo il combattimento, mentre si toglie dalle braccia il nastro di protezione, lento, con la testa un po' china. Ecco, è lui, è il film, perfetto. Ti sembra di sentire i suoi pensieri, e quelli di Randy "The Ram" Robinson, lottatore molto "up" nei gloriosi ottanta, ma adesso dalla vita decisamente in malora. Ti sembra di sentirlo pensare, come ho fatto a buttare tutto nel cesso così, e a tirare spensieratamente lo sciacquone? Ce lo ricordiamo tutte, noi thirty-something, lo squilibrio ormonale indotto da quell'abominio (cinematograficamente parlando) che è stato "9 settimane e mezza", no? Io ero al liceo, e mi ricordo ancora i commenti nostri durante l'ora in palestra, quando ci pigliava un frisson tremendo pensando alla scena del tavolo, e tutte a dire, ma come può un uomo farti cose del genere???che schifo! (sì, certo, coerenti, eh, ragazze?), piene di progesterone fino alle orecchie...in realtà Mickey era davvero un regalo di Dio al genere femminile, bello e carogna e traditore, il massimo. Aveva il visetto di un angelo, e il cuore di un demonio. Ohimè.
Non è mai stato un attore scespiriano, però vuoi la vita ruvida, il carattere non proprio vellutato, la moglie all'ospedale, il maledettismo, insomma, poteva davvero tanto, ma ha deciso di farsi massacrare con la boxe, decisione legittima, il corpo era il suo, e di mandare tutto a catafottersi. Probabilmente io che non mi farei toccare nemmeno con un tulipano stento a comprendere perché gli uomini si menino sul ring, e di gusto, sputando denti tutt'intorno e vedendo rosso per settimane, e immagino che la ridotta presenza di testosterone al mio interno lo spieghi plausibilmente. Ad ogni modo, se questa vita randagia ha prodotto tanta dolce tristezza, tanta nostalgica amarezza sul volto (chirurgicamente e strategicamente rattoppato) del nostro irlandese, beh, allora va bene.
The Ram, l'Ariete, è un combattente in un mondo vigliacco che ama il sangue altrui e i denti altrui che schizzano, ma con pochi attributi di suo. Un mondo che forse è molto più violento e falso di un mondo fintamente violento, dove tutti comunque si abbracciano e si rispettano (comunque va detto che con tutte le botte che si danno i wrestler campano poco e invecchiano male forte). E il suo cuore è acciaccato per via dei maledetti steroidi, e sembra di vedere sottopelle gli organi del vecchio Mickey, la coca che scorre nel sistema venoso, a braccetto con l'alcool, in effetti non dà l'idea di essere un seguace dell'ayurveda. Speculare del sé attoreo, lo vediamo tenero con le donne, ma violento in un attimo, arrembante con la spogliarellista avvizzita Marisa Tomei, nel loro tentativo di creare un rapporto non solo fisico (entrambi sui propri corpi decadenti ci campano, ma male) eppure spaventati a morte, come se in questo ostile e ventoso New Jersey che li ospita ci fosse qualcosa da perdere.
Le lacrime di Rourke mi hanno commosso, un po' perché gli uomini perdenti hanno più fascino dei dentuti caimani con vestito a righine che fanno risplendere tutto il falso dell'anima, specialmente quando parla con la figlia bella e dolente eternamente scordata in un tentativo tardivo di riconquista (vorremmo non amare i figli, però li amiamo anche di più, quando ci odiano), e molto perché quel viso rugoso, con l'antica bellezza sepolta sotto cicatrici, plastiche facciali, stravizi mi è sembrato umanissimo e vivissimo, il volto di un uomo che sa che la fine non sarà allegra, ma che il motivo per combattere e restare è solo uno, il pubblico, noi. (Lo posso capire quando chiama "frocio" il mio dolce Kurt Cobain, che ha preso la porta e se n'è andato presto, perché la festa non gli piaceva più, e faceva troppo male. E' un'attenuante, sono diversi).
Rourke che balla, inciccito (ma di muscoli, non male) attorno a Marisa Tomei, che scherza vendendo cibo alle vecchiette, che sceglie felpe assurde per la figlia di cui non sa niente...e gli è venuto su tutto con naturalezza. Per forza, è un attore. Non solo. E' uno che ha oltrepassato la parete, e ci guarda vivo e sornione. Lui lo sa.

2 commenti:

Visir ha detto...

Grazie del bel commento al film che mi porterà sicuramente a vederlo.
Una pellicola che, superficialmente, avevo giudicato: "Too much".
Nel tuo discorrere tocchi punti importanti come ad esempio quello del coraggio di individui che vivono però ai margini della nostra società pavida.
Essi sono un contrasto stridente con i troppi uomini (?) senza qualità che primeggiano invece nella vita ordinaria; questi ultimi sembrano piccoli squali, spesso in giacca e cravatta, con quel “sorrisetto” proprio di chi sa che non pagherà per i propri errori.
In questo tempo (moderno?) dove si premia la scaltrezza in spregio al coraggio, le parole invece delle azioni, la morale al posto della verità le prospettive appaiono ribaltate come attraversando lo specchio di Alice.
Ecco che allora questi reietti sembrano esseri fuori tempo: dinosauri segnati dal marchio dell'estinzione.
A me piacciono e vedo la grandezza propria dei gesti disperati e di una vita vissuta "di pancia".
Apparentemente esistenze perse che mi fanno dire: "Per uomini del genere mai sconfitte assomigliarono così tanto a delle vittorie".

Vanessa Valentine ha detto...

Sono d'accordo su tutta la linea.
I film "di pancia" sono onesti e vivi. Possono piacere o no, però sono imitazione di vita vera (anche se apprezzo sempre la buona finzione, intendiamoci).
Questo film merita, lui è proprio spettacolare.
Grazie a te!