lunedì 6 aprile 2009

Niente

E' faticoso trovare qualcosa da dire quando si ha poca voglia di raccontare.
Una può solo mettersi lì davanti al televisore, sul divano, e guardare il televideo, abbastanza neutro nel dare le notizie, senza giornaliste addolorate o giubilanti a seconda della persona estratta dalle macerie, se ancora vivente o purtroppo no.
E una può pensare, se capitasse a me, sulla mia pelle, se capitasse a quelli che amo, se perdessero tutto sotto le macerie rapide e indifferenti, una vita di lavoro e sacrifici e poi più niente?
Tutta quella povera gente che adesso dorme in una tenda, con qualche sciacallo maledetto che gli rovista tra le pietre alla ricerca della collanina della Comunione, dell'anellino di nonna...
Se penso a tutti quei poveri morti mi viene un magone micidiale.
A tutta l'arte persa nel crollo, alle chiese sparite, ai borghi scomparsi. Ci sono momenti in cui pensi davvero che Dio si giri da un'altra parte. O peggio, che non ci sia proprio nessuno voltato a guardarti, a seguirti, a darti il tempo. Che si sia molto semplicemente soli, piccoli e casuali. Che sia enormemente facile diventare niente.
Seduta sul divano pensi ai terremoti della tua vita, a quello del '76, quando tua madre ti ha preso in braccio e giù di volata per le scale che oscillavano, con i piatti che si rovesciavano sulla credenza e il lampadario che minacciava di staccarsi. Giù di corsa, in una notte tiepida, con tutto il quartiere confuso e rassegnato a stare sveglio e ad aspettare.
O a quell'altro, quando eri adolescente e a casa da sola, con i genitori in montagna. A letto, mezza addormentata, a sentire lo strano, improvviso e violento vento che soffiava fuori, e poi le imposte scosse con rabbia, come se qualcuno volesse entrare, staccare i cardini dal muro. E il letto che oscillava furibondo, e tu immobile con l'unico pensiero, devo uscire di qui, ma le gambe sono immobili e il cuore sbatte tanto forte da far male.
Che altro si può pensare.
Arriva davvero come un ladro nella notte, e fa di te niente.

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