martedì 29 marzo 2011

Zorro

Zorro arrivò una sera, alla fine di una giornata piuttosto pesante.
Era l'11 settembre 2001, c'erano stati molti attentati e tantissime persone erano morte in modo orribile. Si era tutti piuttosto sconvolti e intimoriti, nessuno sapeva bene che pesci pigliare.
Io avevo sentito le notizie alla radio, lavorando tutto il giorno allo studio legale, non vedevo l'ora di tornarmene a casa per una doccia, una telefonata ai miei in vacanza in montagna e sentire qualcun altro che mi rassicurava e mi diceva che era tutto a posto. Come se fosse facile crederci.
Erano le sette di sera, più o meno, sapevo di avere un po' di tempo da dedicare all'orto, innaffiare le piante, chiudere bene tutto, le solite cose da fare in campagna alla fine di una calda giornata estiva.
Salendo le scale, già con le chiavi in mano, vidi questo gattino sul tappeto di casa, mi guardava e faceva miao, il tipico miao da fame felina prolungata. Con sguardo interrogativo guardai Pippo, il mio gatto maschio che sedeva nella posa zen dei gatti, coda ripiegata attorno al corpo, zampe sotto, che mi rispose con telepatico, silenzioso linguaggio felino : non guardare me, è la prima volta che vedo questo tizio, ma so già che non mi piacerà.
Sempre perplessa entrai in casa e poi in cucina, aprii la porta sulla terrazza e Zorro entrò. Come se niente fosse. Pippo gonfiò coda e pelo. L'altro lo guardò calorosamente e, se i gatti ne fossero capaci, sembrò fare un sorriso di incoraggiamento. Diretto agli altri.
Mi stravaccai in poltrona, presi in mano il telefono, chiamai mia madre e dopo tre minuti di conversazione scoppiai a piangere. Le dissi che non bastava tutta la pena di una giornata simile, avevano pure abbandonato un gattino, e adesso? Lei, al solito discretamente menefreghista e pragmatica disse che lei e mio papà tornavano il giorno dopo e che avremmo deciso qualcosa.
In quel momento Zorro mi saltò in braccio. Aveva un'espressione assolutamente fiduciosa, un soldo di cacio di gattino mezzo certosino (la parte sopra) e mezzo bianco come la neve sotto, con dietro il pelo bianco sulle zampine come se avesse i calzettini.
Si sbafò una ciotola di latte, croccantini e un po' di prosciutto, poi dormì tutta la notte sullo zerbino, vicino a Pippo, il quale chiaramente non sapeva più come gestire la situazione.
Il giorno dopo andai al lavoro e all'una ero già a casa, per il part time.
I miei erano già tornati e in cucina, in un tripudio di funghi secchi, salsicce e speck, mia madre stava in poltrona con Zorro in braccio e lo accarezzava dicendo, ma guarda ' sto micetto che simpatico! Ovviamente, la decisione era già stata presa.
Zorro aveva un carattere adorabile. Era di compagnia, seguiva mia madre ovunque (sviluppò rapidamente una venerazione per lei), se lei faceva il giro della casa per aprire le imposte, lui si metteva in equilibrio sulle sue spalle, due zampe di qua e due di là, oscillando come un matto ma comunque stabile. Ti seguiva in orto, ti seguiva in bagno. Non era solo per mangiare, come pensano tutti quelli che credono che i gatti ti vedano solo come un distributore di cibo. Gli piaceva proprio la compagnia delle persone.
Andava matto per la musica, si metteva vicinissimo alla radio o allo stereo piccolo che mio padre teneva in cucina, e ascoltava la classica o il jazz con gli occhi chiusi, tutto concentrato. Restava nella stanza anche se mio padre suonava - Pippo telava con la rapidità di un fulmine alle prime note.
Era anche una buona forchetta, gli piacevano i cibi gustosi, complessi e raffinati, gli insaccati tipo la grande abbuffata, con i pezzetti di peperone e le olive, a tavola non ti lasciava un secondo, te lo vedevi sempre spuntare da dietro una spalle come il sole sulla collina, col suo gniaoooo modulato che interpretavamo come "posso assaggiare anch'io?". Mangiava tutto, dallo yogurth al gelato, dal gorgonzola ai tortellini. Se cucinavi il brodo, poi, potevi star sicura che anche se si trovava nella fattoria vicina appena sentiva nell'aria l'odorino profumoso della carne e del brodetto si precipitava e te lo trovavi in due secondi davanti alla porta.
Era bello tondetto, di razza piccola.
Aveva anche un'encomiabile faccia di tolla, bisogna dirlo.
Fu l'unico gatto ad avere l'ardire di salire in braccio a mia nonna, a memoria d'uomo...lei se lo trovò lì e non potè fare altro che accarezzarlo, con una certa riluttanza che Zorro, da gran signore, non rilevò. Facemmo le foto e ci ridemmo una vita. Mia nonna che ci guardava come a dire, che cos'è questo? e lui con gli occhi socchiusi e soddisfatti. Ron, ron.
L'avevamo chiamato Zorro perché il grigio delle sue origini certosine gli copriva gli occhietti, come una maschera. La coda, poi, aveva degli anelli più scuri in mezzo a tutto quel grigio, indice della sua ascendenza soriana, pure.
Era sveglio da morire. Come tutti i gatti da pagliaio.
Quando andai a convivere a Padova, due anni dopo, mi mancò tantissimo. Per un po' feci tre giorni a Mira e quattro a Padova, finché mio padre non mi fece capire che era meglio se mi sceglievo un domicilio fisso. E tutte le volte che tornavo a Mira per restare un paio di giorni e dormivo in casa vecchia Zorro mi faceva trovare, la mattina, un regalo sul tappeto: poteva essere un topino, un merlo, un pettirosso (mi arrabbiavo e gli dicevo, i pettirossi no, Zorro, lo sai che non voglio!, e lui mi guardava con gli occhi sgranati, dopodiché se ne andava per i fatti suoi), insomma, lui faceva un presente, secondo il suo stile. Non ha mai mancato una volta.
Mangiava un sacco, quel gatto.
Mia madre porconava ogni volta, seppellendo quel che restava.
La coabitazione con Pippo andò peggiorando quando diventò adulto: Pippo era un gattone bianco e soriano, fancazzista cronico e pacioso, però non tollerava le insubordinazioni gerarchiche. Zorro era un piccolo irlandese attaccabrighe. Qualche volta si ritrovarono il naso rosso di sangue, o un orecchio rosicchiato. Niente di eccessivamente grave, per fortuna.
A Zorro piacevano anche i pomeriggi che passavamo insieme in camera mia: io mi buttavo sul letto a leggere e ascoltavo Tori Amos (era il mio periodo Tori, appena scoperta), piaceva un sacco anche a lui e infatti veniva dal salotto e saltava sul letto. Poi veniva sonno a tutti e due, mi giravo su di un fianco e me lo tiravo vicino al petto, con la sua testina sul mio braccio. Lo sentivo addormentarsi un po' alla volta, con quel suo abbandonarsi leggero e fspensierato e quegli scattini nervosi dei muscoli che si rilassavano. Lo sentivo sognare, come se fosse fatto d'acqua sotto la mia mano, muoversi tutto come il grano sotto il vento. Avete presente quando vi dicono, ci sono momenti che non vorresti finissero mai? Ecco, questi erano così.
Poi magari si rompeva e andava a mangiare, era pur sempre un gatto con un fior fiore di personalità.
L'ultima volta che lo vidi era una mattina di maggio, un sabato.
Con la Magnifica si andava a vedere un mostra, passò a prendermi in casa vecchia, poi sarei tornata direttamente a Padova.
In salotto Zorro dormiva sulla poltrona preferita e io lo svegliai con la solita sfilza di baciotti che gli rifilavo ogni volta. Lui tirò su il musetto, assonnato, e mi guardò come dicendo, ancora tu?, va bon, dai, ciao, ci si vede. E io pensai per un orribile momento, sarebbe tremendo se lui sparisse, come farei se lui non ci fosse più? Ci sono pensieri, certe volte, che sarebbe meglio non pensare. Qualcuno li potrebbe sentire, e farne quel che vuole.
Zorro è scomparso in una notte di maggio.
Volatilizzato, così come era apparso. Sarà tornato in quella no cat's land dalla quale arrivano tutti i gatti, spiriti gentili e silenziosi che illuminano per un po' le vite degli umani. Predato, sottratto, ucciso. Chi può saperlo.
Lo cercammo dappertutto, chiedemmo a tutti. Niente.
Ne feci una malattia, non mi diedi pace per mesi, lo vedevo dappertutto. Maggio quell'anno perse i colori, e anche giugno. Andai avanti a piangere per un'eternità.
Lui mi manca ancora oggi, ci sono canzoni che se ascolto mi fanno pensare ancora a lui (come "1000 Oceans" della Amos, lo so, magari qualcuno potrà dire che esagero).
Il punto è che Zorro era davvero come una persona. Era gentile, divertente, generoso. Era migliore di tante persone che ho conosciuto - ma questo è facile, gli animali sono spesso migliori di noi. Era un entusiasta dell'esistenza. Ti conquistava, in un amen.
In uno di quei libretti acquarellosi che si comprano nelle piccole librerie dei paesi di montagna una volta ho letto questo, non so di chi sia: il paradiso non sarà mai un paradiso se i miei gatti non saranno lì ad accogliermi.
Potessi scegliere, mi farei mandare in quello dei gatti, tanto per andare sul sicuro.


6 commenti:

Anonimo ha detto...

Non ho gatti ma un giorno ne vorrei uno, sono animali incredibili, me ne sto rendendo conto con quello a casa di amici miei. Spero di reincarnarmi in un gatto. Ma domestico. Una vita troppo bella. Un giorno anche il gatto dei miei amici è sparito, li ha fatti intristire per quasi una settimana e poi, com'era scomparso, una notte ha bussato alla porta. Un po' dimagrito. Chissà dove si era ficcato. Sono strani i gatti. Esseri superiori.

Vanessa Valentine ha detto...

Vero, sono esseri misteriosi. O li ami o li detesti, ma tante persone che non li amavano ne sono stati conquistati, dimmi tu se non è un superpotere questo.
Tra l'altro sto pensando di prenderne uno qui in casa nuova, ho un sacco di posto. Il fatto è che mi conosco, divento iperprotettiva e paranoica e gli rovino un po' la vita...comunque anch'io vorrei reicarnarmi in un gatto. Una vita divina, breve, intensa e drammatica. Ti può capitare anche la versione sterilizzata, ocio. Vivi più a lungo ma la vita è sempre un po' monca.
Quando ritornano, vivi, è un momento bellissimo. E loro ti guardano e sembra che dicano, beh, dove pensavi fossi andato, scema?

Arianna ha detto...

Povero Zorro, ho le lacrime agli occhi...:((((((

Gillipixel ha detto...

Vale, anche io mi sono commosso...questa volta mi hai toccato molto nel profondo...non credo infatti di essere un appassionato di gatti: io "sono" un gatto...

Anche se sono gli episodi accaduti a te, con il tuo Zorro, ho rivissuto tante emozioni mie con i miei miciotti, nelle tue parole...

Grazie...questo racconto è un bellissimo regalo per tutti quelli che vogliono bene a quelle meravigliose pallette di pelo...

Vanessa Valentine ha detto...

Arianna e Gilli, tra gattofili ci si capisce...

Jenny ha detto...

Cos'é una casa senza un gatto? un ritorno al vuoto...quante poesie e tu sai...Ringraziamo di averli, creature di pura bellezza che con il loro soffice passo e luce dagli occhi penetrano nelle nostre esistenze, quotidiane, frettolose e un po' meschine, spesso hanno bisogno della loro muta, fintamente muta,presenza per ricordarci che la vita è...altro!